Per me le parole sono sempre state importanti: una parola detta senza pensarci, al momento sbagliato, può rovinare un momento; una parola può definire una persona, un rapporto. Così se mentre all’inizio della nostra storia, mi andava bene essere definita da lui come la sua tipa o ragazza, vista anche la giovane età in cui ci siamo messi insieme, c’è stato un momento poi in cui non mi è andato bene più, perché mi sembrava riduttivo dopo tutto quel tempo insieme e dopo aver cominciato a correre insieme per superare i numerosi ostacoli che hanno iniziato a frapporsi fra noi e i nostri sogni. A quel punto, definire cosa eravamo l’una per l’altro è diventato più complicato: secondo le convenzioni, tecnicamente ancora non eravamo fidanzati perché non vi era stato nessun inginocchiamento con richiesta ufficiale della mano, moglie men che meno perché nessuno aveva portato all’altare nessuna… Quindi, cosa eravamo?
È lì che si è insinuata la parola compagno, all’apparenza anonima e priva di connotazione affettiva, ma che ben descrive quello che siamo e il percorso che stiamo facendo. Tempo fa, io e una mia carissima amica abbiamo avuto una disquisizione a tal proposito, in cui lei sosteneva che la parola compagno fa vecchio, suona male e non definisce esclusivamente un rapporto d’amore, tant’è vero che si definivano così tra di loro i comunisti in Russia sessant’anni fa.
A me invece piace: compagnia deriva dal latino “cum” e “panis”, ovvero partecipi dello stesso pane. Essere compagni significa smezzare il pane, smezzare i problemi e le preoccupazioni, condividere il cammino, condividere la vita. Implica un grado di complicità e di impegno, secondo me, che gli altri stati non implicano: si può essere morosi, fidanzati, marito e moglie, ma senza farsi compagnia mai. Essere compagni significa stare consapevolmente insieme, essersi scelti e impegnarsi per non lasciare mai uno dei due indietro, ma camminare sempre di pari passo. Mi ricordo che da piccola, mia nonna, di origini venete, usava spesso la parola “compagna” per indicare la somiglianza con qualcun altro: “Te xi compagna to pare”, ovvero “Sei uguale a tuo papà”. Condividere significa anche questo: scegliersi perché si hanno gli stessi valori, gli stessi principi, la stessa visione della vita e si sta viaggiando verso la stessa meta.
Le parole “fidanzato”, “marito” sono tutte parole definite da una convenzione: diventi il mio fidanzato perché mi hai chiesto la mano, diventi mio marito perché mi hai sposato e hai firmato un pezzo di carta; la parola compagno va oltre: viene definita dalle scelte che si fanno insieme giorno dopo giorno, dai passi che si mettono in fila uno dietro l’altro, dalle decisioni a favore della coppia che si prendono affinché il rapporto funzioni. Se il destino vorrà, prima o poi acquisirò anche lo stato di moglie, ma per ora io e Teo continuiamo a camminare mano nella mano e a farci compagnia. Che alla fine è la cosa più bella al mondo e ciò che davvero conta.
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