Questa è la torta che mi ha portato la mia mamma, fatta da mia sorella. Era tra la spesa che le ho chiesto di fare per me, io che non posso muovermi di casa per nessun motivo. Mi ha lasciato anche una porzione del mio piatto preferito, il carpaccio di melanzane.
Ieri sera l’ho vista per l’ultima volta, e chissà quando la potrò rivedere. Non sono una mammona, ma avere accanto la mamma in un momento del genere sarebbe di conforto.
Sono rientrata in casa e sono scoppiata a piangere. Quanto vorrei la mia famiglia, ora tutta qui sotto lo stesso tetto. I miei genitori, ma anche i miei suoceri, e mia sorella. Come facevano una volta i nostri vecchi: abitavano tutti nella stessa casa, non c’era privacy, ma c’erano le fiabe, le chiacchiere, un piatto di zuppa calda tutti insieme a tavola, un abbraccio quando si era giù, i giochi giù in giardino.
La nostra società del benessere ha esaltato il valore della privacy e dell’individualismo, del farcela da soli e dello stare bene da soli. E ci ha rinchiusi tutti in celle di lusso. Da soli.
La prima cosa che farò appena tutto questo sarà finito sarà organizzare un pranzo in famiglia, sì tipo quello di Natale, luculliano, con 5 portate. E staremo tutti insieme, e rifarò anche l’albero di Natale, perché mi mette allegria e pace nel cuore.
Nel frattempo, cercherò di far durare a lungo questa torta di mele e il carpaccio di melanzane, un boccone piccolo alla volta. Sarà come sentire il loro abbraccio e averli qui con me.
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