Ti si legge in un’ora. Non saranno nemmeno diecimila parole in tutto. Ma ogni parola è una stilettata al cuore. Sembri conoscere esattamente la tempesta che sto attraversando, come una vecchia mappa che sa sempre condurti in porto. La tua storia è la mia storia, si perde un pezzo di sé, ci si perde negli altri, per poi ritrovarci più forti, se si accetta di rinascere diversi. Perché la rinascita è un viaggio e se rinasci uguale a prima, allora hai sprecato un’occasione. Ho sorriso, ho pianto. Ho pianto. E ho pianto. È incredibile come l’amore e il dolore siano universali e come scaturiscano dalla stessa sorgente. “Mi dici di tacere perché le mie opinioni mi fanno meno bella ma io non sono nata con un fuoco in pancia così da potermi spegnere non sono nata con una leggerezza sulla lingua così da essere facile da inghiottire sono nata pesante mezza lama e mezza seta difficile da scordare e non…
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Mancarsi
Ieri Carlotta durante la diretta mi ha chiesto cosa stessi leggendo in questo momento. Eccoti. 89 pagine diluite in quasi due settimane. Di solito 89 pagine le leggo in due ore. Ho dovuto “sentire” dentro di me quando era il momento giusto per aprirti perché anche solo dalla sinossi mi parlavi di cose a me familiari. Prime 10 pagine: ti richiudo e piango, forte, perché nessuno ha mai saputo esprimere a parole la mia condizione di adesso. Non so se riesco a continuare. Ma sento che devo. Nicola è vedovo, come me. Irene è divorziata, se n’è andata da un marito che non ama più, inseguendo un brivido a fior di pelle. Chissà perché non mi stupisce che sia una donna a prendere questa decisione. Frequentano lo stesso bistrot, ma non si incontrano mai. Eppure sono destinati a riconoscersi. Destino o affinità. Lui racconta della me di prima, lei della me di oggi. Ogni riga è un fremito. Un libro…
Albero
Ore 9.40. Prima di uscire stamattina, inizio il nuovo libro che mi sono regalata. Arrivo a pagina 13, devo chiuderlo di botto. Ho un dolore all’imbocco dello stomaco. Forte. Mi viene quasi da vomitare. Porcatroia. Parla a me, parla di me. Quelle 86 righe sono un pugnale nel cuore. Comincio a piangere, non riesco a smettere. Avrei potuto scriverle io. È esattamente come mi sento ora, quello che sto vivendo. E che non so come spiegare. Non so se poi per il protagonista ci sia spazio ancora per l’amore. Non son riuscita a proseguire. Sono uscita di casa con un senso di inquietudine, di malessere che mi ha accompagnato per gran parte della giornata. È stata una giornata perfetta, poi. Piena di risate, di felicità, di piccole cose. Ore 21.40. Sono sul letto, occhi vitrei sul soffitto. Dal salotto canta Calcutta. Ritorna il malessere. Ripenso a quelle 86 cazzo di righe. Che poi – fanculo – me l’hai consigliato tu.…