L’amore è una questione di vocali. Se cambi amore e lo fai diventare amare, poi non cambia molto, ma già se donna la fai diventare danno, come recita il proverbio e come molti uomini pensano, esercitando così il loro potere tramite la violenza, allora cambia tutto. Oppure se dal supporto, si passa a un rassegnato e muto sopporto non è più amore, è abitudine, è rancore, è noia, è rassegnazione. Ma non amore.
Stare in coppia, vivere l’amore, avere una relazione felice è il lavoro più difficile e impegnativo che esista: richiede dedizione, costanza, abnegazione, pazienza, devozione, capacità di scelta, coraggio e anche un pizzico di follia. Eppure, nonostante questo, non c’è nessuno che non voglia viverlo, siamo un po’ tutti alla ricerca dell’amore, come si cerca il Santo Graal. Poi, però, quando ci si para davanti… c’è chi fugge, “perché non voglio rinunciare alla mia libertà”; c’è chi ci gioca un po’ e poi si stanca, come i bimbi che abbandonano il giocattolo vecchio in cambio di uno nuovo, dimenticandosi di quanto l’avevano desiderato; c’è chi ha paura di non essere all’altezza o di mettersi in gioco o di donarsi completamente all’altro; c’è chi fa le cose tutte in regola – prima frequentazione, poi fidanzamento, poi matrimonio, poi figli – “perché è così che si fa”, pur non essendo innamorato. E poi c’è chi apre bene gli occhi, lo riconosce, lo accoglie come si fa con un dono prezioso e lo custodisce e lo difende, nonostante tutto e tutti, tutti i giorni della sua vita.
Perché l’amore non è facile: non è facile riconoscerlo, spesso ci passa accanto, in silenzio, senza disturbare, e noi siamo talmente presi da altro, dal rumore frenetico della vita e dei problemi, che non ce ne accorgiamo nemmeno. E se siamo in grado di riconoscerlo, non è facile tenerselo stretto: costruire qualcosa insieme, nonostante la crisi e i problemi; realizzarsi prima come persone e poi come coppia; tendere la mano verso l’altro, nonostante faccia di tutto per mandarci via o farsi odiare; starsi accanto nonostante i malumori, le insicurezze, le paure; decidere non a priori, ma giorno dopo giorno che l’amore che ci lega viene prima di me, prima dei miei ‘voglio’, prima di tutto; sceglierlo perché ci completa, ci capisce, ci ascolta, si ricorda anche le cose più banali che tu hai detto qualche tempo fa e fa di tutto per farti felice con i mezzi che ha; pensare a quanto sarebbe stato facile scegliere un’altra strada o abbandonare quella percorsa finora, ma no, restarci e continuare a camminare mano nella mano, non per obbligo o dovere, ma perché questo ci fa felici.
Supporto, non sopporto. Certo, serve anche quello, ma che non diventi la regola, altrimenti si vede l’altro come un peso e non come un’opportunità o un dono. “Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, hanno solo promesso che ne sarebbe valsa la pena”: basta solo ricordarsi di mettere in ogni attimo, minuto, giorno passato insieme un pizzico di quella magia che contraddistingue sempre gli inizi delle cose belle e poggiarci sopra le fondamenta del rapporto. E poi di fare il cambio di vocali, quando serve, perché servirà, oh se servirà.
E se provassimo a giocare il jolly o a gire la ruota? Magari comprando due consonanti rimediamo un adone! 😉
Bella questa, grande Rossella! 😉