L’altra sera ho pianto come una fontana. Ho visto “Bohemian rhapsody” con colpevole ritardo, ma forse è stato meglio così: me lo sono gustato scevro dai commenti e dai pre-giudizi, e comunque me ne sarei fregata lo stesso.
Che film. Capolavoro. E non per il film stesso, e nemmeno per l’interpretazione di Malek (eccellente!), e nemmeno ancora per la colonna sonora (inarrivabile, dopo i Queen nessuno mai), ma per le emozioni. E i personaggi. E il personaggio.
Che poteva essere un Farrokh qualsiasi e invece ha scelto di essere Freddie Mercury. Che poteva essere una persona triste (e lo è stato comunque), ma ha scelto di essere un artista felice, quantomeno sul palco, dove si dava completamente.
Quanto coraggio ci vuole a far uscire una personalità ingombrante, un’artisticità travolgente? Forse sarebbe stato più facile nascondere tutto sotto il velo dell’apparenza. Quanto coraggio ci vuole a scegliere ancora una volta la propria musica, quando sai che stai per morire?
Che fossimo davanti a una leggenda lo sapevano tutti, lo sappiamo tutti: è difficile ancora oggi e lo sarà sempre tenere la bocca chiusa e gli occhi asciutti davanti a un capolavoro come “The show must go on”.
Dicono che si diventi leggenda dopo una morte iniqua. No, io credo che si diventi leggenda dopo una vita degna di essere chiamata tale. Perché puoi anche morire giovane o campare cent’anni, ma se non ti preoccupi di lasciare un segno, avrai comunque vissuto invano.

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