La parola sbagliare ha un’etimologia particolare: deriva da abbagliare, che a sua volta deriva da bagliore, ovvero dal latino “balium”, variante di phaliós ‘bianco, lucente’, quindi con davanti la s- sottrattiva, il significato diventa “senza luce”. Come se i nostri errori togliessero in qualche modo luce, trasparenza alla nostra vita. Sbagliare è qualcosa sicuramente di spiacevole, che ci pone davanti ai nostri limiti, ci mette di fronte alle nostre debolezze, ci sbatte in faccia la verità. Spesso un errore – dipende dalla entità – ci preclude delle nuove possibilità, ci sbarra la strada, non ci dà la famosa seconda chance. Ci mette in crisi, ci costringe a rivedere le nostre priorità, le nostre capacità, ci invita a rimetterci in gioco e in discussione.
Sbagliare non è mai piacevole, quindi, ma è umano, e in alcuni casi anche liberatorio. Perché conoscendo i nostri limiti, possiamo liberarci al contempo anche delle nostre paure. Il lato positivo della medaglia è che togliere luce alle nostre esistenze, potrebbe voler dire però anche lavorare affinché ne torni anche di più. Sbagliare è possibile, ma è proprio sbagliando che si impara ancora di più, che si diventa più forti, più consapevoli, migliori. Essere meglio è un lavoro costante su se stessi e passa anche attraverso gli inciampi sugli ostacoli che la vita ci pone davanti, ma come dice il proverbio, è poi nel rialzarsi che si misura la forza e la voglia di vivere.
Sbagliare ci getta nel buio, ma per un momento, se ci pensiamo bene. Non è forse vero che è quando è spenta la luce che ci diamo più da fare per cercare di portare la luce e vedere meglio? Sbagliare ci aiuta a metterci in moto, a non stare fermi: sempre meglio cominciare, sbagliando, che non cominciare affatto.
Sbagliare non è farsi carico dei sensi di colpa, ma ripartire dall’errore più forti e migliori. È gettare luce, laddove ci sembrava ce ne fosse e invece eravamo solo ciechi. È aprire gli occhi su noi stessi e sugli altri. È dimostrare di volerci provare, forse non riuscendoci subito, a essere migliori. Almeno è fare, rispetto a chi non sbaglia mai.

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