«Si dice che quando una persona guarda le stelle è come se volesse ritrovare la propria dimensione dispersa nell’universo». Così diceva il grande Dalì circa un secolo fa, così è vero anche per noi oggi. Guardiamo le stelle per sognare, per esprimere i desideri, per fantasticare, per raggiungere coloro che sono lontani e coloro che adesso abitano su quelle stelle. Guardiamo il cielo per ridimensionarci, ma anche per aspirare all’immenso; guardiamo il cielo per guardarci dentro, per esplorare gli angoli più reconditi della nostra anima. Guardiamo il cielo per capire dove vogliamo andare, per ricominciare a respirare, per concentrarci sui nostri sogni. Mercoledì ho visto le stelle, le ho viste che era di pomeriggio. Le ho viste nitidamente: erano tante e punteggiavano un cielo blu scuro, scuro come la notte. Erano piccole ma dai contorni precisi. Non disegnavano nessuna costellazione, ma dentro ci si leggeva comunque il destino: un destino all’inizio dichiarato avverso, Saturno contro, quelle cose lì che capiscono…
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DuemilaeCredici
Sono qui al computer, ho di fianco a me la mia micia che dorme beata, e il suo respiro costante e regolare mi quieta. Anche il cielo questa sera mi ha fatto il dono immenso di un tramonto di fuoco stagliato contro le montagne. Finalmente un attimo di serenità, finalmente la pace, nell’anima e nel cuore. E l’ho interpretato come un segnale di speranza. Nelle ultime ventiquattr’ore ho provato per l’ennesima volta la perversa, sottile e fottutissima paura di perderlo, ma per sempre. No, non come quando si litiga, ci si dice parole di fuoco e si medita di mandare l’altro a quel paese, facendolo uscire per sempre dalla nostra vita. No, non come quando su un sentiero di montagna, uno dei due lascia la via maestra per un’escursione fuori programma e l’altro inizia a urlare per la vallata, pensando di essere stato abbandonato. No, non così, perché in questi casi, si può sempre tornare indietro, trovare le parole migliori…