Ognuno ha i suoi modelli cui ispirarsi. La mia eroina non sta sui libri di storia, ma è stata e continua a essere una femminista a modo suo. Si chiama Carrie Bradshaw e quando comparve sugli schemi 23 anni fa, io ero ancora troppo piccina per coglierne il senso. Recuperai qualche anno dopo e ne rimasi folgorata: è grazie a lei, se ho deciso di seguire il mio cuore, diventando giornalista di costume e abbandonando un posto sicuro in Comune. È grazie a lei se ho speso millemila euro in scarpe, borse e vestiti. È grazie a lei se ancora oggi sogno di avere la mia rubrica sull’amore e il sesso su un quotidiano o una rivista (e l’avrò, lo so). Anni fa la mia allora caposervizio – oggi carissima amica -, intuendo la mia affinità col personaggio di Sex and the City, mi fece uno dei regali più belli mai ricevuti: la catenina col mio nome in corsivo, identica…
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Fame di vita
Ad aprirmi i barattoli e i vasetti da sola. Che devo sempre portarmi il cellulare appresso in casa, perché se mi faccio male potrei rimanere lì senza che nessuno se ne accorga. Che son caduta dal duecentesimo piano, come il Falling Man delle Twin Towers, ma io sono ancora viva. Che se mi schianto dal 50esimo, chi se ne fotte. Che è bello dire no quando non voglio qualcosa. Che la tua assenza non è più mancanza, ma presenza. A ballare quando ne ho voglia e a cantare a squarciagola e a urlare vaffanculo dal balcone quando è giusto per me. Che non pensavo potessero mancarmi così tanto i concerti. E gli abbracci. E i baci. E il sesso. Oh sì, anche il sesso. Che l’amore che mi faccio spesso ha a che fare con il corpo, ma sempre ha a che fare con la mia mente. Che gli orgasmi più belli li ho provati con le parole: lette, ascoltate,…
Diversa, non per questo peggiore
Mi son svegliata stamattina e già avrei dovuto capire che sarebbe stata una giornata felice. Ho aperto gli occhi, ho guardato la sveglia: sono riuscita a dormire fino a tardi, le bimbe erano ancora addormentate. Sono rimasta nel letto, sotto al piumone per un’ora, non mi capitava da secoli. Dio, che bella sensazione. Primo regalo di Natale. Tè, telefonate delle mie amiche più care, auguri. Mi metto a lavare i piatti, il mio momento di ricongiunzione. Credo di essere l’unica a cui piaccia, quei movimenti meccanici, senza senso, mi aiutano a rimettere in ordine i pensieri. Accendo la mia playlist. “Listen to the wind blow, watch the sun rise”, fuori tira vento davvero, la canzone perfetta. Secondo regalo. Me la godo fino in fondo. Il giro di basso mi percuote le viscere. Dio, che bella sensazione. Vedo mia sorella. Scartiamo i regali. È così che a Natale si misura l’amore, no? Io l’ho sempre misurato in persone. Mi manca qualcuno,…
Onestà prima di tutto
Natale è famiglia. Per me quest’anno non c’è Natale perché non c’è famiglia. La mia famiglia, quella che mi ero scelta, non c’è più e quella che c’è ancora, è disgregata da regole senza senso. Il Natale come lo conoscevo non esiste più. E a queste condizioni non mi interessa nemmeno più recuperarlo. Ma c’è una cosa che mi preme recuperare: l’onestà. Cercate di stare accanto a una persona perché volete stare con lei e non perché è la cosa giusta. Quanti che “a Natale vengo lì perché sei da sola, perché così stiamo insieme, perché se no che Natale è” o avran pensato “dai, chiamiamola a Natale perché poverina”. No. Ormai io nella mia solitudine ci sto bene e un Natale forzato come questo è l’ultima cosa di cui ho bisogno. A volte, è vero, mi trovo a invidiare anche quelle coppie che seppur non amandosi, almeno avranno qualcuno con cui brindare. Ma poi mi dico che no, non…
Le lacrime non macchiano
Avete presente il libro delle risposte, quello che fai una domanda nella mente, poi lo apri e lui ti risponde, ma alla fine non ti risponde mai? Ecco, io quando ho bisogno di risposte metto su la mia playlist del cuore modalità random e la musica mi dà tutte le risposte che cercavo. Ma risposte vere. Tipo oggi mi ha insegnato che le lacrime non macchiano. Ed è vero. Nessuno se ne accorge quando le versi. Ma pesano: un cuore zuppo pesa il doppio. E raffreddano, come quando hai il costume bagnato sotto l’ombrellone e un brivido ti percorre la schiena. Bisogna mettersi al sole, per asciugarlo. Io oggi ho steso il cuore, cantando. Mi sento già meglio.…
Fanculo Teo, buon compleanno
È stato qualche settimana fa. È successo, così, all’improvviso. Ho aperto l’agenda, lì dove segno i regali di Natale. I primi erano sempre quelli per te. Compleanno e Natale, mi andava via la tredicesima che non ho mai avuto. Ho richiuso l’agenda con un groppo alla gola che non ti dico. Ho realizzato che non ci sarebbe stato nessun compleanno. Il Natale sì, quello arriva sempre. Ma che cazzo di Natale, però. La tredicesima che non ho mai avuto sarebbe rimasta intatta. Per chi? Sono le 00.30 del 15 dicembre. Ho passato metà serata sul divano in silenzio a leggere un libro che mi parla di me senza di te, poi mi sono addormentata per la stanchezza, poi mi sono risvegliata di colpo e ho ricominciato a piangere, poi mi è venuto da vomitare. Fanculo, Teo. Non avevi alcun diritto di lasciarmi sola, non dopo avermi illusa che non l’avresti mai fatto. Mi avevi promesso che saresti guarito, che saremmo…
Albero
Ore 9.40. Prima di uscire stamattina, inizio il nuovo libro che mi sono regalata. Arrivo a pagina 13, devo chiuderlo di botto. Ho un dolore all’imbocco dello stomaco. Forte. Mi viene quasi da vomitare. Porcatroia. Parla a me, parla di me. Quelle 86 righe sono un pugnale nel cuore. Comincio a piangere, non riesco a smettere. Avrei potuto scriverle io. È esattamente come mi sento ora, quello che sto vivendo. E che non so come spiegare. Non so se poi per il protagonista ci sia spazio ancora per l’amore. Non son riuscita a proseguire. Sono uscita di casa con un senso di inquietudine, di malessere che mi ha accompagnato per gran parte della giornata. È stata una giornata perfetta, poi. Piena di risate, di felicità, di piccole cose. Ore 21.40. Sono sul letto, occhi vitrei sul soffitto. Dal salotto canta Calcutta. Ritorna il malessere. Ripenso a quelle 86 cazzo di righe. Che poi – fanculo – me l’hai consigliato tu.…
Io sono il Natale
Sapete come si fa a scacciare un pensiero brutto? Semplice, con un pensiero bello. Spesso ci crogioliamo nel dolore, perché amiamo poter lamentarci di quanto sia meschina la nostra vita, senza poi in realtà far nulla per cambiarla davvero. Oggi era il 6. Ma non un 6 qualunque. Il 6 di dicembre, il tuo mese, il nostro mese. Un anno dacché Shibu ha rischiato di morire, 4 mesi dacché tu sei morto. Davvero. A volte mi sveglio e mi dico: tra poco si sveglierà anche lui. Ma quel momento non arriva mai. Sai, quaggiù stanno cercando di rubarci il Natale in nome di un bene superiore. Ma in questo momento il mio bene superiore sarebbe avere qui con me la mia famiglia, che sei tu. Che eri tu. Oggi avremmo fatto l’albero e il presepe insieme. C’è stato un momento in cui mi son detta: “Non farlo, non hai nessun cazzo di motivo per farlo”. Ma poi oggi, un richiamo…
Sta arrivando Natale
Ho sempre amato molto dicembre. Era Natale, era famiglia. Quest’anno ci sono arrivata sui gomiti, sputando sangue. E l’idea di fare tutte quelle cose belle, che significavano felicità, mi faceva venire il vomito. Mi son detta: che cazzo lo fai a fare l’albero, se poi sei sempre sola sul divano, come tutte le altre sere? E che senso ha fiondarsi adesso nei negozi a fare i regali, se finora ti han levato la voglia di vivere? Però poi la vita lo sa cosa c’è in fondo al tuo cuore e decide di farti dei regali immensi perché proprio non può accettare che tu sia triste nel mese più bello dell’anno. E allora, ecco che stamattina mi sono svegliata felice perché finalmente sono uscita per un appuntamento di lavoro. E poi nevicava, dei fiocchi bianchi, giganti. Mi sono fermata nel parco e come quando ero bambina, ho chiuso gli occhi, ho aperto la bocca e ho gustato quei piccoli cristalli di…
Senza vergogna
Nella vita ci vergogniamo di tante cose. Chi di ciò che pensa, chi di ciò che ha fatto, chi delle proprie idee, chi del proprio corpo. C’è stato un momento della mia vita in cui sono appartenuta a quest’ultima categoria. Sono arrivata a pesare quasi 90 kg: mi rifugiavo nel cibo perché vedevo Teo deperire, così mangiavo per due perché inconsciamente pensavo di nutrire anche lui. Ero pesante, affaticata, rallentata. Poi qualcosa è scattato: Teo non migliorava, io intanto morivo. E allora ho deciso di fare qualcosa per me. Ho preso coscienza di essere troppo e ho capito che amarmi significava avere cura di me e del mio tempio. Oggi non sono una silfide, ma riesco a guardarmi allo specchio senza vergognarmi. E riesco anche a mostrarmi senza pensare che possa apparire ributtante. Il nero lo indosso solo quando voglio sentirmi seducente e non più per mascherare. I tubini non mi sembrano più così sbagliati addosso a me. La scollatura…