“Voglio credere amare resistere,
forse così io posso dire di esistere”.
Nek
Avete mai sentito parlare della resilienza? Sicuramente sì, non si parla d’altro. Però, a chiedere cosa sia, nessuno lo sa.
Nemmeno io ho ben chiare le idee. Ma credo somigli a un cagnolino che davano per spacciato, ormai andato, con le zampe posteriori quasi paralizzate e la vecchiaia che incombe pesante sulla schiena. Un cagnolino a cui la malattia ha tolto l’amato giro nelle campagne con annesso bagnetto nella roggia e la possibilità di fare i bisogni da solo. Ma che non si è arreso alla sua condizione e ha trovato comunque il modo di farcela, adattandosi e trasformando l’avversità in opportunità: ora striscia per tirarsi in piedi, ma ce la fa da solo, senza più chiedere aiuto.
Credo che la resilienza somigli anche al suo padrone, messo alla prova dalla nuova cura, che gli procura crampi addominali e piaghe in mani e piedi, ma che nonostante tutto, continua a prendersi cura della sua famiglia e a non fargli mancare nulla.
Credo che la resilienza sia questa cosa qua, insomma: adattarsi alle situazioni di difficoltà che la vita riserva, senza arrendersi e senza perdere tempo a lamentarsi, ma provare a migliorare la propria condizione, finché il cuore regge. E facendo anche il dito medio a quelli che ti vogliono a terra, millantando che non ce la farai. Perché una possibilità c’è sempre. E fanculo a chi dice il contrario.

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