Cara Santa Lucia,
quest’anno tradisco Babbo Natale e scrivo a te, che non so nemmeno in quale data cadi, perché dove abito io non sei tu a portare i doni, ma la mia amica Heidi mi ha detto che se ti scrivevo questa letterina, tu avresti poi donato un pasto caldo ai bisognosi. E allora un’opera buona val bene un tradimento, no? Babbo Natale son certa che capirà.
A dire il vero, non so nemmeno perché son qui a scriverti. Non ho desideri, non ho volontà, ho tanti sogni, ma quelli non dipendono solo da noi? Proprio in quest’anno in cui forse avrei maggior bisogno di cose, di emozioni, di sentimenti, non voglio niente.
Cosa ti devo chiedere? Di rimandarmi indietro il mio Matteo? Tu i miracoli non li fai, o meglio, non resusciti i morti. E Matteo non c’è più. E mi si spezza in gola il suo nome, e mi sale il magone. Perché il Natale era la nostra festa: il suo compleanno, il nostro albero, i nostri maglioni natalizi brutti che lo costringevo a mettere. Quest’anno non ci sarà niente di tutto questo, e io per la prima volta nella mia vita mi trovo a odiare ciò che ho sempre amato. Non mi piace questo andazzo, Lucia, per un cazzo. E scusa le parolacce, ma so che puoi immaginare la rabbia.
Non mettiamoci di mezzo anche questa pandemia da coronavirus, che ci sta portando via la salute, ma fosse solo quello: ci sta togliendo la possibilità di stare insieme, di abbracciarci, di baciarci, di toccarci, di annusarci da vicino, di vederci a un palmo di naso, di stare a occhi chiusi a fissarci per provare a innamorarci.
Dillo a me: durante il primo lockdown Matteo c’era ancora e il nostro isolamento era una bolla piena d’amore. Ma questa seconda ondata mi ha travolta: ora sono sola e il mio isolamento è solo solitudine ora. E io che ho sempre amato la solitudine, perché significava dedicare del tempo a me stessa, ora mi ritrovo a odiare anche questa, perché mi costringe a fare i conti con le mie mancanze, che spesso coincidono anche con le assenze.
Tornerò ad amare, Lucia? Sento nel cuore una rabbia corrosiva, che però mi dice che ancora non si è rassegnato, non si è arreso. Matteo prima di andarsene mi ha insegnato una cosa importante, forse la più importante di tutte: ad amare me stessa. Sento che ancora non ci riesco a pieno, ho cominciato un percorso, ma il senso di insicurezza, di inadeguatezza, di non essere mai abbastanza, di non essere all’altezza mi pesano sulle spalle.
Eppure adesso sarebbe il mio momento, no? Dopo una vita passata ad amare totalmente un’altra persona, ora che mi resto solo io, perché non dovrei amarmi? Eppure non è così semplice: è meglio investire i propri sentimenti su qualcun altro che su se stessi, così se dovesse andare male, possiamo sempre scaricare la colpa. E se dovesse andare male con noi stessi, invece?
Ecco, cara Lucia, se devo chiedere una cosa, ti chiedo questo: la capacità di tenere sempre acceso il riflettore su di me, di non dimenticarmi, di non sottovalutarmi, di non svendermi, di non sminuirmi. Di tenere sempre la barra dritta, orientata verso i miei bi-sogni (hai mai notato che i bisogni sono sogni al quadrato, come se quello che sogniamo per noi valesse doppio?), di non metterli a tacere per chicchessia, di non credere che ci sia qualcuno di più importante di me, a meno che non sappia amarmi come so di meritare.
No, non ti chiedo la pace nel mondo, la fine della pandemia, un mondo migliore, la gente piena d’amore: sono tutte puttanate. Lo sono fino a che ognuno di noi non imparerà ad amarsi e a essere fiero di se stesso. Una persona che ama bene se stesso ama bene anche il prossimo. E si prende cura dell’altro perché sa che l’altro lo ricambierà, esattamente come farebbe lui.
Come lo so? Perché Matteo mi ha amata esattamente così, innalzandomi senza schiacciarmi. E ora, tutto quello che voglio imparare a fare è lasciarmi cullare dal suo amore, senza che mi opprima. Voglio galleggiare a peso morto nell’amore, senza affogare. Rendimi leggera, cara Lucia, se puoi.
E poi fammi trovare sotto l’albero anche un biglietto per Bali e uno per un concerto, ma di quelli dove si sta tutti appiccicati, e si salta, e ci si abbraccia, e si poga. Ché anche questi hanno il loro perché quando si tratta di sentirsi vivi. Di nuovo.
Tua Franci
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