C’è una cosa al mondo che mi riconcilia come poche altre, che mi dona grande gioia e serenità. È un luogo che si trova in Italia e nel mio cuore e all’idea di poterci andare ogni volta è una festa, un rigenerarsi in automatico. Non si tratta di terme, di benessere, di grand hotel, di luoghi esclusivi e di lusso, ma di un luogo semplice, dove ho tutti i miei affetti, dove in qualche modo sono cresciuta, dove ho dei ricordi eccezionali, dove ho la mia famiglia, e quindi un pezzetto di cuore: questo luogo è Denore, un piccolo paesino disperso nelle campagne ferraresi. Qui abitano gli zii di mia madre, sua cugina e i suoi figli. Nonostante la lontananza, nonostante il grado di parentela, per me è come se fossero i miei veri zii: non ricordo estate in cui non si andava a trovarli e si passava qualche giorno in loro compagnia. Ci si muoveva in carovana: la mia famiglia, quella di mio zio e mia nonna e si andava a passare una piccola porzione d’estate in quel posto magico, dove non c’è assolutamente nulla, se non campi arati e seminati, una piccola chiesa, qualche roggia e tanti insetti e animali, ma dove potenzialmente hai tutto per poter essere davvero felice.
A casa dei miei zii, tutti sono sempre i benvenuti e chiunque si presenti a casa all’ora di pranzo o cena, ha un posto tavola assicurato. Così le tavolate a volte erano come quelle di Natale, pur non essendoci un reale motivo per festeggiare. In tavola arrivava sempre e solo roba genuina, fatta a mano da mia zia o da mio zio: cappelletti, salami, sottaceti, vino, carne… e chi più ne ha, più ne metta. I pranzi e le cene erano sempre lunghissimi e si rideva e si scherzava, tutti insieme. Poi si viveva all’aria aperta: si stava un po’ insieme alle nonne, si aiutava la zia a far razzolare le galline, si aiutava lo zio con la grigliata, si correva nei campi, si andava anche al mare qualche volta. Giorni semplici, in cui la giornata era scandita dalla serenità e dalla voglia di stare insieme.
Potete immaginare quindi che festa quando mio zio mi ha proposto di andare a trovarli lo scorso weekend: non stavo più nella pelle, come se fossi in partenza per i Caraibi. Perché per me oggi è ancora come quasi trent’anni fa: forse non ci son più le galline, la bisnonna è volata in cielo, gli zii sono invecchiati e fanno un pochino più di fatica, ma là si respira sempre un’aria di cordialità, tanto affetto, aria di famiglia, quella sensazione di protezione, di rete, di nido, che non ti fa sentire mai solo.
Ogni sera, mi addormentavo serena con una preghiera di benedizione per la fortuna di averli nella mia vita e di avere un posto nel mondo, dove tornare significa sempre essere a casa. E andandomene, un po’ di magone e una lacrima lungo la guancia è scesa, appuntamento fisso da trent’anni a questa parte: ma so che ci tornerò presto e sarà una festa, come sempre.

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