Foglio a quadretti. Era questo che mi fregava, il quadretto. Piccolo o grande che fosse, rappresentava sempre una minaccia. Per me, il mio equilibrio mentale e la mia media. Non so voi, ma per me era sempre una nuova sfida, una lotta con il mio cervello a vedere chi era il più forte. Potevo stare lì ore a studiare, capire le formule, fare esercizi, ma poi durante la verifica, il foglio a quadretti mi faceva salire un’ansia che non vi dico. Del resto, mi ripetevo sempre, come un mantra, “La matematica non sarà mai il mio mestiere”, come cantava Venditti in ‘Notte prima degli esami’. E avevo ragione. Il mio destino era tutto racchiuso in un foglio a righe. Pedissequamente piegato a tre quarti, la parte più piccola riservata alle correzioni in rosso. E per fortuna, ce n’erano sempre poche. Mi piaceva scrivere. Tanto, tantissimo. Ho imparato a leggere all’età di quattro anni, troppo curiosa di sapere cosa si celava…