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Cose che ho imparato: 15/2017

aprile 21, 2017

La malattia ti cambia gli occhi. Anche il cuore, ad alcuni lo indurisce, ad altri lo apre al bello che c’è. Questione di prospettive e di predisposizione. Nella malattia tutto è relativo, ti insegna che finchè c’è ancora una possibilità di resistere, nulla è perduto. La medicina è la pratica dei resilienti: convivere con la malattia, non guarire ma continuare a vivere, rappresenta comunque una vittoria, una conquista. Restare in sella al toro imbizzarrito, direbbero ai rodei: ti sconquassi, ti spacca le ossa, ma alla fine sei vivo.

In settimana siamo andati a ritirare la tac: Teo non è guarito nè migliorato, Teo è stabile. Teo è ancora in sella, è ancora sulla tavola, sta domando l’onda. Per altri, potrebbe sembrare una sconfitta; molti mi hanno chiesto se questo è un buon risultato, perché siamo abituati alla guarigione, per poter dire che una cura stia funzionando. Ma è qui che ci sbagliamo: questo risultato è un successo perché vuol dire che Teo e il cancro stanno imparando a convivere. Teo sta letteralmente ammaestrando la bestia che è in lui: tu te ne stai buono, noi continuiamo a vivere ancora un po’. C’è tempo, c’è ancora tempo. Di stupirci, di realizzare i nostri sogni, di andarcene a spasso per il mondo, di camminare insieme, di vivere. Il bastardo è fermo, noi andiamo avanti.

Ecco cosa ho imparato questa settimana: che nella malattia essere un non guarito, un invalido, un disabile non equivale a essere un fallito, non vuol dire che non ci sia più niente da fare. Teo di fatto è tutto questo: è malato e la sua malattia, anzi le sue cure, perché finora è asintomatica come patologia, sono altamente invalidanti, ma è vivo, cazzo. È vivo e potenzialmente può fare tutto, tutto quello che la sua volontà e la sua voglia di vivere gli suggeriscono di fare.

Forse la vera disabilità sta negli occhi di chi non riesce a vedere mai il bicchiere mezzo pieno, perché è così ottuso da non distinguere il trasparente del vetro da quello dell’acqua. Ma per questo, temo, non ci sia medicina che tenga né che possa rimettervi in sella.

cancro insegnamenti malattia medicina resilienza tumore
by Francesca Favotto | no comment
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Chi sono

"...Non è Francesca", recita la canzone di Battisti. E invece sì, son proprio io.
Nasco a metà degli anni Ottanta, la settimana in cui i Dire Straits dominavano le classifiche mondiali con il loro successo ‘Money for nothing’, sotto il segno della Bilancia, ascendente Leone. Determinata e tenace, innamorata della vita e del bello, appassionata di musica fino al midollo (grazie ai Dire Straits nel mio trigono), sin da piccola preferisco i temi di italiano alle equazioni di algebra, inclinazione che mi porta a intraprendere studi a carattere umanistico. Linguista per necessità, ma giornalista per passione, ben presto scopro quant’è bello e divertente girare come una trottola in cerca di notizie. La serie tv ‘Sex and the city’ dà il colpo di grazia al mio destino: la vita di Carrie Bradshaw è troppo bella per non provare a realizzarla!

Un’insana passione per lo shopping unita alla curiosità per il fashion biz mi aiutano quindi a ‘masterizzarmi’ in Giornalismo di Moda, titolo che mi apre la strada in un settore pieno di sogni e di amore: quello del matrimonio! Fidanzata da quindici anni, cerco di apprendere più nozioni possibili sull’argomento, applicandole nella vita a due. A un rimpianto preferisco un rimorso, a un muso lungo un sorriso, al bicchiere mezzo vuoto sempre quello mezzo pieno, a una vita senza sogni per paura di non riuscire ad avverarli, ne preferisco una piena di cicatrici e sudore nel tentativo di esaudirli. Sognavo la vita di Carrie… e intanto non mi accorgevo che la mia è pure meglio.

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