Quello che ho imparato negli ultimi dieci giorni, ve lo racconto attraverso tre episodi che mi sono capitati a distanza di pochi giorni.
Il primo giovedì scorso in macchina, diretti al Monza Village. In coda, ci si accosta una macchina scassata, targata Bulgaria, con su due bambini forse di etnia rom, quei bambini che per strada ispirerebbero poca fiducia, di cui non diresti mai: “Che carini”, anzi. Mi avvicino e mi viene istintivo girarmi verso di loro: uno ha lo sguardo perso nel sole, intento a guardare oltre il finestrino abbassato. Anch’io ho il finestrino abbassato. Dopo i primi istanti di diffidenza, quelli in cui ci si studia, ci viene spontaneo: io gli sorrido, il più piccolino mi apre un sorriso che spalanca il cuore, anche il più grandicello lo segue a ruota. Da lì in poi è una gara a chi sorride di più.
Il secondo, domenica sera. Io e Teo siamo in macchina, su una stradina di campagna, asfaltata ma molto stretta. A un certo punto, dopo una curva, ci rendiamo conto che davanti a noi ci sono due uomini in bicicletta. Uno di loro perde l’equilibrio e cade a terra, facendo tutto da solo. Intanto, dall’altra parte arriva una macchina… ma non si ferma. Noi accostiamo subito e mettendo le quattro frecce, Teo va a controllare che stia bene. Erano di origine pakistana o comunque magrebina, dei tizi che sarebbero passati come poco raccomandabili, di questi tempi. Eppure Teo si avvicina, gli sposta la bici dalla strada, poi il tizio gli tende la mano, come a dire: “Mi aiuti a tirarmi su?”. Teo lo afferra e lo aiuta ad alzarsi.
Il terzo, martedì mattina. In trasferta di lavoro a Santa Margherita Ligure, conosco la signora Linda, un’istituzione in paese: tutti i giorni si mette in centro con il suo banchetto e vende i prodotti del suo orto. Quel giorno, salutandola e facendole gli auguri di Buona Pasqua, prendo un limone e lo avvicino al naso per sentirne il profumo. Lei mi richiama indietro e mi dice: “Vieni che te ne regalo uno”. Poi mi stampa due baci sulla guancia.
In tutti e tre i casi, un sorriso mi ha aperto il cuore e una possibilità: quella di abbattere ogni muro, soprattutto quello eretto dai pregiudizi e dalla paura. Spesso siamo trattenuti dal fare la cosa giusta perché abbiamo sempre paura che dietro vi sia la cantonata o il pericolo, spesso abbandoniamo chi è nella difficoltà perché non ci ispira fiducia, spesso procediamo a passo svelto e con la testa china sul nostro cellulare, senza accorgerci che la vera ricchezza sta negli sguardi e nello scambio di energie.
Questa settimana mi sono portata a casa un sorriso bello come il sole, un grazie pieno di riconoscenza e un limone che terrò come amuleto portafortuna, perché un gesto di gentilezza e di bontà è sempre di buon auspicio. E l’ennesima lezione: che non si smette mai di imparare dalla vita, anche in mezzo al traffico, tra le imprecazioni e la stanchezza, nell’ora di punta; in mezzo a una stradina sperduta di campagna o camminando per strada. Basta darle l’opportunità di insegnarci qualcosa.
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