Sono una donna istruita, colta, informata. Sono una donna di scienza: prima di dare adito a qualsiasi teoria o cospirazione, mi informo, leggo, sento medici e persone competenti. Non sono una che si fa prendere dal panico né dall’ansia: anche davanti alle diagnosi meno promettenti non ho mai gridato alla catastrofe, ma rimbocchiamoci le maniche, forza e coraggio e affidiamoci alla scienza.
Stavolta però ho paura. Il maledetto coronavirus è intorno a noi e nessuno sa quale sia la cosa giusta da fare. Ma non ho paura per me, no: di me non mi frega un cazzo. Ho paura per Teo.
Dacché ho saputo del soggetto sano colpito e della diffusione a macchia d’olio, ho cominciato a sudare. Perché non è una cosa che ho sotto controllo, perché non so come fare a proteggerlo.
Teo ha un tumore? Ci cureremo. Il tumore si è risvegliato? Facciamo una nuova cura. Ma sto virus come si comporta? Quali sono i sintomi?
Oggi dovevamo andar via per il weekend: finalmente Teo stava bene e dopo mesi di clausura, saremmo dovuti tornare a respirare per poche ore nei nostri luoghi del cuore. Ma niente, abbiamo preferito rimanere a casa. Forse non sarà servito a nulla, ma ho provato a proteggerlo.
Ecco, davanti a questa situazione d’emergenza, oltre al buon senso, proviamo a proteggerci a vicenda. Non pensiamo: cazzo me ne frega, io sono sano. Tutti noi abbiamo qualcuno di fragile da proteggere: un figlio neonato, un nonno cagionevole, un genitore anziano, un marito malato. Laviamoci le mani, ma non la coscienza. Ve lo chiedo per Teo, ve lo chiedo per chi amate.

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