Tutti la cercano, pochi l’hanno trovata davvero, molti la denigrano, ma in tanti la bramano: stiamo parlando della felicità, che nel dizionario viene definita come “stato d’animo di chi è sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato”. Quindi, pare che non basti essere sgombri da turbamenti, serve anche la consapevolezza di esserlo e dunque, l’intelligenza di goderne, senza limiti.
Perché spesso siamo noi i primi a rovinare la felicità, a far sì che non possa esistere: siamo talmente presi a lamentarci, a criticare, a giudicare, ad analizzare, che ci perdiamo gran parte dei momenti felici, che invece potrebbero migliorarci la vita. Sì, perché la felicità non è un condizione permanente, perenne, anzi, è più fatta di momenti, di attimi, un passaggio che se troppo presi dalla vita e da quanto ci circonda, rischiamo di perderci. Quanto spesso siamo presi dai problemi, dalle preoccupazioni, e ci perdiamo la bellezza di un fiore che sboccia, la genuinità di un grazie detto dal cuore, la sincerità di un abbraccio fraterno? Non sono questi momenti felici, attimi di serenità? La felicità è una questione di ‘adesso’, di ‘ora’ e bisogna esserci, con la testa e con il cuore, per goderne appieno.
Per questo, ho deciso di aderire al progetto #100happydays, una sfida lanciata a tutti noi, che ci mette davanti alla questione: siamo capaci di essere felici per 100 giorni di fila? Molti hanno rinunciato per mancanza di tempo… ma si può non avere tempo di essere felici in questa vita? E se non l’abbiamo adesso, quando ci aspettiamo di averlo, questo tempo? Quando non ne avremo più? Si tratta di postare ogni giorno una foto di qualcosa che ci ha resi felici in quella giornata, con l’hashtag #100happydays, un esercizio utile per avere ogni giorno qualcosa per cui ringraziare. Ed essere felici. E ci accorgeremo di quanto è facile, alla fine, sorridere alla vita, nonostante i problemi, le preoccupazioni, le cattiverie. Cominceremo con 100 giorni, e poi non sapremo più smettere.
Trovare ogni giorno qualcosa per cui essere felici: è l’augurio più bello che possa fare a ognuno di voi, e a me. Ce lo dobbiamo. Io comincio adesso, e voi, mi seguite?

Mi sembra un tema abbastanza spinoso; più si avanza nella vita e più s’impara a fare i conti con l’impossibile, ciascuno si rifugia nelle sue certezze; alcuni lo fanno con una certa rassegnazione, in altri prevale un rammarico mal celato e in altri casi la percezione del fallimento finisce per sfociare nell’angoscia. Anche la vita dell’uomo di fede non sembra essere esente dal rapporto con il male di vivere: come potrebbe esserlo? In questo caso però la felicità potrebbe essere una condizione esistenziale nella misura in cui si riconosce che l’amore è un traguardo, che niente di quello che ricevi è relativo e che tu hai un peso specifico nella tua storia personale. Quindi la felicità come pace, del resto la nostra tradizione popolare riesce ad unire il concetto di pace all’idea della casa; nella mia regione si dice proprio “pace della casa” e per me la felicità è proprio legata all’idea del ritorno a casa che per analogia richiama un’altra dimensione della vita.
Un saluto 🙂
La felicità è uno stato di beatitudine, è saper cercare la bellezza nelle piccole cose. Non tutti hanno questo dono, ma secondo me può essere allenato. In ogni caso, anche quello che dici tu, cara Rossella, è vero. Un abbraccio!