Amore mio immenso, anche oggi ci hai fatto un regalo: il dono di stare insieme, quando non era affatto scontato. Ma tu poco prima di andartene, mi avevi fatto comprare 200 euro di carne per fare una grande grigliata, e così è stato. Ti sarebbero piaciute un sacco le costine del Cornetti, adoravi la loro carne. Poi abbiamo fatto una passeggiata nelle nostre campagne, ai tuoi, ai nostri posti. Ci tenevo tanto, per me è stato una sorta di pellegrinaggio. Ho tinto di giallo anche quei sentieri, perché chi ci passa non si perda. E ho tinto di giallo i nostri polsi: per ricordarci che siamo tutti legati l’uno con l’altro; che siamo tutti appesi a un filo, quindi che è davvero inutile perdere istanti di vita incazzati o dietro a cose futili, e che tu sei sempre con noi, spronandoci a essere luce a nostra volta. Non è stata una semplice grigliata, ma non riesco a vivere senza immergermi…
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Ciao, Silvia
“Ti va di venire a far compagnia a mia figlia? Una volta a settimana, se non è disturbo”. Avevo 18 anni, non sapevo cosa volesse dire fare da dama di compagnia a una persona fragile. Ma i tuoi mi avevano scelta “a pelle”. E avevano ragione, perché da favore quale doveva essere, presto è diventato un piacere. Eravamo nate quasi lo stesso giorno, tu 20 anni prima, ma il giorno dopo. Entrambe eravamo laureate in lingue, amavamo i libri sopra ogni cosa, e stare in giro, visitare luoghi, conoscere gente. Venivo da te e ogni volta c’era qualcosa di diverso da fare: a volte delle traduzioni in francese, altre mi mettevo a trascrivere il tuo diario. Poi andavamo a messa insieme. A ogni compleanno e Natale, arrivavo con un libro. A Pasqua con un uovo di cioccolato. Ormai i libri me li commissionavi, e anche se sapevamo entrambe il titolo, te lo incartavo per lasciare l’effetto sorpresa. Uno degli ultimi…
Quello che ci frega
Quello che ci frega è l’aspettativa. Nella vita, dico. E anche nei rapporti. Ci incontriamo, ci annusiamo, ci intendiamo, ci innamoriamo, e investiamo una grossa parte di noi, convinti di essere ricambiati alla pari. E invece. “Quello che volevo come sempre non c’è, solo un po’ d’amore che diventa polvere…”, cantava qualche anno fa il buon Cremonini. E come dargli torto, anche se qui sembra che quel ‘come sempre’ lasci intendere a un’abitudine. E comunque, se ci ha scritto su una canzone, allora vuol dire che non ti ci abitui mai. È l’aspettativa che ci frega. Quell’aspettare ricolmo di speranza, quell’andare avanti convinti di qualcosa che forse è solo nella nostra testa, quel coraggio che ci prende di fare la cosa giusta, sperando che ad azione corrisponda un’azione uguale. Ma è scritto nella dinamica che può esistere anche la contraria, solo che tendiamo a non prenderla mai in considerazione. Strani esseri siamo noi umani: conosciamo tutte le possibili conseguenze, ma…
Basta poco per fare Natale
Ho vissuto giorni pesanti ultimamente. Momenti in cui il mio animo era triste, rassegnato, arrabbiato, in cui non sentivo il Natale. E non è bello, per due motivi: il primo perché il Natale è la festa della famiglia, della gioia, della speranza, dell’ottimismo e non sentirlo significa avere il cuore indurito e preoccupato, per questo pesante; il secondo, perché avere perso le speranze in qualcuno o qualcosa vuol dire un po’ essere già morti dentro, e allora è questa la vera fine del mondo, altroché i Maya. Però nell’ultima settimana qualcosa è cambiato. Sentirlo sorridere al telefono. Vederlo ributtarsi nei suoi progetti. Un compagno di squadra che ti conosce da tre mesi, ma si accorge che non sei la solita e ti chiede come stai. I ‘vecchi’ compagni di squadra che ti fanno sentire la loro vicinanza. Una festa di compleanno a sorpresa riuscitissima e lui che aveva gli occhi a sorriso. Un bacio sulla testa da papà, inaspettato perché…