Ieri ho cominciato a piangere alle 7 e ho smesso alle 22, quando mi sono rintanata sotto le coperte, dicendo addio al mondo. Ieri, tra un dolore e un altro, ho appreso della morte di Ezio Bosso. Non lo conoscevo, non di persona e non bene quantomeno, ma ho pianto. La mia amica dice che la vecchiaia unita all’isolamento mi stanno aprendo le cateratte. Ma no, invecchiando, invece, sto imparando a piangere per ciò che lo merita davvero. Ed Ezio è tra queste. Ieri era una di quelle giornate in cui pensare che al mondo ci fosse anche una persona come lui, mi aiutava ad andare avanti. Invece no. Lui questo mondo lo ha lasciato. Lo conoscevo per quello che si può leggere e vedere di lui su Internet. Ma no, lo conoscevo in realtà anche per questo: 3 anni fa, un’amica di Teo e mia, insieme alle due sorelle, raggiunse Bosso, ai tempi direttore del Verdi di Trieste, e…
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Facciamo festa
«Ho una malattia, ma non sono malato. È questa malattia che mi ha fatto entrare nella mia dodicesima stanza. Era buia. Per il solo fatto di esserci entrato, ho disimparato tutto: a parlare, camminare, suonare. E poi ho imparato tutto di nuovo. È come se fossi rinato. È stato sulla sua soglia che hanno cominciato a sbocciare delle cose, a cadere delle reti. […] Non ho più guardato al futuro, solo alla fine della giornata. Fa paura, il futuro. Fa paura pensare di averlo, e per questo ho imparato a ridisegnare il mio orizzonte. So che il mio corpo cade, e io cado. Si dice che se si cade ci si rialza, ma io non lo so se un giorno mi rialzo più. Però non mi importa. Non è una difesa, davvero non mi importa. Io sono fortunato: ogni giorno che ho guadagnato, ogni sguardo che ho ricevuto, ogni affetto che ho saputo dare, ogni piatto che ho cucinato è…