Matteo era testimonial Airc, il primo non guarito della storia della fondazione. Il primo che doveva portare il messaggio che una vita bella fosse possibile nonostante il cancro. L’ha fatto bene al punto che Matteo continua a essere testimonial Airc anche se non c’è più. E la cosa incredibile è che io raccolgo il suo testimone, pur non essendo malata. “Vogliamo continuare a portare la sua storia come esempio fulgido di speranza e resilienza – mi hanno detto gli amici di Airc – E allo stesso tempo, raccontare la battaglia di chi sta affianco ai malati: ti va di dar loro voce?”. È una gran bella responsabilità, perché di noi caregiver non si parla mai. Di chi sta sommessamente accanto e non può mai esternare paure e lacrime non si racconta mai. Ho detto subito di sì perché è ora di dire che i malati vivono meglio anche grazie a noi. E alla ricerca. Oggi hanno trasmesso questo nuovo video…
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L’arte dei piccoli passi
Non sapere quando si potrà uscire di nuovo di casa. Non sapere quando si potrà andare in vacanza, per la verità non sapere nemmeno se ci si potrà andare. Disdire gli appuntamenti all’ultimo minuto. Rimandarli a non si sa quando. Domani potrò andare a far la spesa? Come saremo messi domani? Il benessere ci ha abituati a vivere proiettati costantemente nel futuro. La malattia ci costringe a vivere giorno per giorno. Perché domani non sai come potresti stare, dove potresti essere. Io e Teo ne sappiamo qualcosa. A questo vivere eternamente nel presente, senza poter fare uno straccio di programma per il futuro, siamo abituati. Fa paura, è difficile, lo sappiamo. L’arte dei piccoli passi richiede molto tempo per essere assimilata. Ma se c’è qualcosa che possiamo imparare da questa situazione paradossale è proprio questa. Far tesoro dell’ora, dell’oggi: non c’è lezione più preziosa. [Now playing: “How soon is now?” – The Smiths]…
Cammina nelle mie scarpe
Interno, notte. Io, a letto: “Certo che con sta situazione non so più nemmeno che giorno sia, domani inizia il weekend, ma non cambia nulla rispetto a questi giorni…”. Teo, serafico: “Questa è la mia vita, tutti i giorni. Capisci ora che significa?”. È difficile persino per noi che camminiamo accanto a un malato ogni giorno capire la sua condizione di prigionia. Perché sì, la malattia ti mette in catene. In questi giorni alla fatica della croce quotidiana si aggiunge anche la paura, che batte più forte del solito. Nostra, ma soprattutto di chi è più fragile. Per questo sarebbe buona cosa tacere tutti e portar rispetto. Ho sentito dire in questi giorni: “Ma sì, tanto crepano loro, gli anziani e gli ammalati…”, come fossero un peso, uno scarto. E invece se avessimo dato loro ascolto, ci avrebbero fornito tutte le risposte di cui avevamo bisogno. Perché loro sanno cosa vuol dire convivere col nemico, sanno come affrontare una crisi.…