Interno, notte.
Io, a letto: “Certo che con sta situazione non so più nemmeno che giorno sia, domani inizia il weekend, ma non cambia nulla rispetto a questi giorni…”.
Teo, serafico: “Questa è la mia vita, tutti i giorni. Capisci ora che significa?”.
È difficile persino per noi che camminiamo accanto a un malato ogni giorno capire la sua condizione di prigionia. Perché sì, la malattia ti mette in catene.
In questi giorni alla fatica della croce quotidiana si aggiunge anche la paura, che batte più forte del solito. Nostra, ma soprattutto di chi è più fragile. Per questo sarebbe buona cosa tacere tutti e portar rispetto.
Ho sentito dire in questi giorni: “Ma sì, tanto crepano loro, gli anziani e gli ammalati…”, come fossero un peso, uno scarto. E invece se avessimo dato loro ascolto, ci avrebbero fornito tutte le risposte di cui avevamo bisogno.
Perché loro sanno cosa vuol dire convivere col nemico, sanno come affrontare una crisi. Noi invece sappiamo solo sproloquiare, forti del nostro sistema immunitario perfetto.
Silenzio e rispetto, ché dicono basti camminare nelle scarpe di qualcun altro per capire da dove arriva. Ad alcuni non basterebbe nemmeno fare il giro del pianeta in scarpe troppo strette per capire come si sta al mondo.
[Now playing: “Walking in my shoes” – Depeche Mode]
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