Gennaio è finito. Un eterno lunedì. È andato bene fino a metà, poi è cominciata una salita faticosa, pericolosa, come di un vagone di una montagna russa ormai usurata che sai che al primo giro della morte si staccherà dai binari. Ho fatto i conti con me stessa, io che non ero brava in matematica. Non so se li ho pareggiati, mi sembra che dare e avere nella mia partita doppia non coincidessero. Ma tant’è. Ho realizzato che sono una fallita. Ho fallito laddove credevo di potercela fare. La mia storia d’amore è stato il mio fallimento più grande: non ho più lui, non ho più noi. A tratti non ho più nemmeno me stessa. Nessuno si lancia da una rupe, sapendo che l’elastico del bungee jumping è stato in parte tagliato. Cosa credevo? Che il nostro amore avrebbe vinto la forza di gravità? Che il peso non avrebbe staccato del tutto l’elastico? Sono una fallita, ma non mi ci…
Tag Of riflessioni
Jaguar
Amo guidare. Se posso, guido io. Amo farlo tenendo la sinistra a ore 12 sul volante e la destra sul cambio. Guida sportiva, da maschio, da chi vuole avere il controllo. Dovessi rifare l’esame di guida oggi verrei bocciata. Non è sicura, dicono. Ma fa sentire sicura me. Piede pesante sull’acceleratore. Amo la velocità. Amo sorpassare. Tanti anni fa ero alla guida di una macchina sportiva nera, col poggiolo per il braccio. Mano a ore 12, l’altra sul cambio. Ricordo che un mio amico, seduto al mio fianco, mi disse: “Ti si addice, Franci. Sei nel tuo. Sei così”. Io allora non capivo. Mi sentivo adatta a una Seicento. Mi sentivo una Seicento. Una vita a essere quella scontata, che non ti lascia mai a piedi, quella giusta che fa sempre la cosa giusta… A lungo andare non ti senti preziosa, un lusso. Oggi autostrada deserta. Alla radio i Muse cantano “They will not control us, we will be victorious”.…
Diversa, non per questo peggiore
Mi son svegliata stamattina e già avrei dovuto capire che sarebbe stata una giornata felice. Ho aperto gli occhi, ho guardato la sveglia: sono riuscita a dormire fino a tardi, le bimbe erano ancora addormentate. Sono rimasta nel letto, sotto al piumone per un’ora, non mi capitava da secoli. Dio, che bella sensazione. Primo regalo di Natale. Tè, telefonate delle mie amiche più care, auguri. Mi metto a lavare i piatti, il mio momento di ricongiunzione. Credo di essere l’unica a cui piaccia, quei movimenti meccanici, senza senso, mi aiutano a rimettere in ordine i pensieri. Accendo la mia playlist. “Listen to the wind blow, watch the sun rise”, fuori tira vento davvero, la canzone perfetta. Secondo regalo. Me la godo fino in fondo. Il giro di basso mi percuote le viscere. Dio, che bella sensazione. Vedo mia sorella. Scartiamo i regali. È così che a Natale si misura l’amore, no? Io l’ho sempre misurato in persone. Mi manca qualcuno,…
Onestà prima di tutto
Natale è famiglia. Per me quest’anno non c’è Natale perché non c’è famiglia. La mia famiglia, quella che mi ero scelta, non c’è più e quella che c’è ancora, è disgregata da regole senza senso. Il Natale come lo conoscevo non esiste più. E a queste condizioni non mi interessa nemmeno più recuperarlo. Ma c’è una cosa che mi preme recuperare: l’onestà. Cercate di stare accanto a una persona perché volete stare con lei e non perché è la cosa giusta. Quanti che “a Natale vengo lì perché sei da sola, perché così stiamo insieme, perché se no che Natale è” o avran pensato “dai, chiamiamola a Natale perché poverina”. No. Ormai io nella mia solitudine ci sto bene e un Natale forzato come questo è l’ultima cosa di cui ho bisogno. A volte, è vero, mi trovo a invidiare anche quelle coppie che seppur non amandosi, almeno avranno qualcuno con cui brindare. Ma poi mi dico che no, non…
Le lacrime non macchiano
Avete presente il libro delle risposte, quello che fai una domanda nella mente, poi lo apri e lui ti risponde, ma alla fine non ti risponde mai? Ecco, io quando ho bisogno di risposte metto su la mia playlist del cuore modalità random e la musica mi dà tutte le risposte che cercavo. Ma risposte vere. Tipo oggi mi ha insegnato che le lacrime non macchiano. Ed è vero. Nessuno se ne accorge quando le versi. Ma pesano: un cuore zuppo pesa il doppio. E raffreddano, come quando hai il costume bagnato sotto l’ombrellone e un brivido ti percorre la schiena. Bisogna mettersi al sole, per asciugarlo. Io oggi ho steso il cuore, cantando. Mi sento già meglio.…
Albero
Ore 9.40. Prima di uscire stamattina, inizio il nuovo libro che mi sono regalata. Arrivo a pagina 13, devo chiuderlo di botto. Ho un dolore all’imbocco dello stomaco. Forte. Mi viene quasi da vomitare. Porcatroia. Parla a me, parla di me. Quelle 86 righe sono un pugnale nel cuore. Comincio a piangere, non riesco a smettere. Avrei potuto scriverle io. È esattamente come mi sento ora, quello che sto vivendo. E che non so come spiegare. Non so se poi per il protagonista ci sia spazio ancora per l’amore. Non son riuscita a proseguire. Sono uscita di casa con un senso di inquietudine, di malessere che mi ha accompagnato per gran parte della giornata. È stata una giornata perfetta, poi. Piena di risate, di felicità, di piccole cose. Ore 21.40. Sono sul letto, occhi vitrei sul soffitto. Dal salotto canta Calcutta. Ritorna il malessere. Ripenso a quelle 86 cazzo di righe. Che poi – fanculo – me l’hai consigliato tu.…
Io sono il Natale
Sapete come si fa a scacciare un pensiero brutto? Semplice, con un pensiero bello. Spesso ci crogioliamo nel dolore, perché amiamo poter lamentarci di quanto sia meschina la nostra vita, senza poi in realtà far nulla per cambiarla davvero. Oggi era il 6. Ma non un 6 qualunque. Il 6 di dicembre, il tuo mese, il nostro mese. Un anno dacché Shibu ha rischiato di morire, 4 mesi dacché tu sei morto. Davvero. A volte mi sveglio e mi dico: tra poco si sveglierà anche lui. Ma quel momento non arriva mai. Sai, quaggiù stanno cercando di rubarci il Natale in nome di un bene superiore. Ma in questo momento il mio bene superiore sarebbe avere qui con me la mia famiglia, che sei tu. Che eri tu. Oggi avremmo fatto l’albero e il presepe insieme. C’è stato un momento in cui mi son detta: “Non farlo, non hai nessun cazzo di motivo per farlo”. Ma poi oggi, un richiamo…
Senza vergogna
Nella vita ci vergogniamo di tante cose. Chi di ciò che pensa, chi di ciò che ha fatto, chi delle proprie idee, chi del proprio corpo. C’è stato un momento della mia vita in cui sono appartenuta a quest’ultima categoria. Sono arrivata a pesare quasi 90 kg: mi rifugiavo nel cibo perché vedevo Teo deperire, così mangiavo per due perché inconsciamente pensavo di nutrire anche lui. Ero pesante, affaticata, rallentata. Poi qualcosa è scattato: Teo non migliorava, io intanto morivo. E allora ho deciso di fare qualcosa per me. Ho preso coscienza di essere troppo e ho capito che amarmi significava avere cura di me e del mio tempio. Oggi non sono una silfide, ma riesco a guardarmi allo specchio senza vergognarmi. E riesco anche a mostrarmi senza pensare che possa apparire ributtante. Il nero lo indosso solo quando voglio sentirmi seducente e non più per mascherare. I tubini non mi sembrano più così sbagliati addosso a me. La scollatura…
Rispetto
Non amo mai parlare “per sentito dire”, né per esempi negativi. Amo portare alla luce la luce, perché c’è. C’è sempre. Oggi si parla di donne, di violenza sulle donne. Di donne violente con le altre donne, di uomini. Di uomini violenti in un milione di modi. E non tutti hanno a che fare con gli schiaffi. Spesso basta una parola: un vaffanculo, un grazie mancato, uno “scusa” mai arrivato. E il buco nel cuore è fatto. E si allarga, come quando l’acqua plasma la roccia. Poco a poco. Ecco, io avevo al mio fianco un uomo che amava le donne. Tanto, profondamente, intensamente. Ha amato me più di tutte. Mai una parola fuori posto, mai un insulto, nemmeno quando era incazzato con me. Una carezza, un abbraccio, quello sempre. E con le parole, come ci sapeva fare. Mi ha scavato dentro, ma erodendo la muffa che mi si era attaccata all’anima. Credevo di essere meno di ciò che sono,…
Per fare a meno di te
Mi hanno chiesto di te. Di rendere più tangibile la tua presenza. Se avevi lasciato qualche altro tuo scritto, qualche altro pensiero da poter condividere con altri. Ci sono. Altre cose tue, altri scritti, altri pensieri. Appena successo, sono andata nel tuo studio e ho rovistato dappertutto, mi sono intrufolata nella tua mail e nel tuo Dropbox: c’è dentro un mondo. Ho trovato anche delle lettere per me, scritte a mano, legate con un nastro, chissà quando me le avresti volute dare… Perché non avevano l’aria di essere state lasciate per essere trovate. Comunque. Ho trovato tanto altro, tanto che non so da che parte girarmi. Tanto che non so che ci devo fare. Tanto che da subito, presa dall’entusiasmo, ho detto: “Pubblicherò tutto”. Ma adesso che nella notte più scura, mi prende spesso una fitta al cuore e alla pancia, io nel tuo studio non riesco nemmeno più a entrarci. E non riesco nemmeno più a scendere in taverna,…