Mi hanno chiesto di te. Di rendere più tangibile la tua presenza. Se avevi lasciato qualche altro tuo scritto, qualche altro pensiero da poter condividere con altri.
Ci sono. Altre cose tue, altri scritti, altri pensieri. Appena successo, sono andata nel tuo studio e ho rovistato dappertutto, mi sono intrufolata nella tua mail e nel tuo Dropbox: c’è dentro un mondo.
Ho trovato anche delle lettere per me, scritte a mano, legate con un nastro, chissà quando me le avresti volute dare… Perché non avevano l’aria di essere state lasciate per essere trovate.
Comunque. Ho trovato tanto altro, tanto che non so da che parte girarmi. Tanto che non so che ci devo fare. Tanto che da subito, presa dall’entusiasmo, ho detto: “Pubblicherò tutto”.
Ma adesso che nella notte più scura, mi prende spesso una fitta al cuore e alla pancia, io nel tuo studio non riesco nemmeno più a entrarci. E non riesco nemmeno più a scendere in taverna, dove stavi approntando il tuo garage creativo. Quando scendo per andare a prendere le cose in dispensa, evito di guardarci.
Ora non riesco a gestire i miei pensieri, figuriamoci i tuoi. Questo tempo dilatato mi costringe a guardarmi dentro, a fare i conti con le mie mancanze, che non posso fare i conti anche con la tua assenza.
Tornerà l’entusiasmo di fare, ma adesso no. Ché so che manchi a tutti ed egoisticamente ne vorrebbero sempre di più di te, ma come sto imparando a fare a meno di te io, che eri tutta la mia vita, imparerà anche chi ti ha amato molto meno di così.
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