Da 35 anni a questa parte ogni volta che era il momento di tornare a casa dai miei zii di Ferrara, mi prendeva un groppo alla gola difficile da spiegare e calde lacrime rigavano il mio volto. Non era solo la compagnia, l’atmosfera, il buon cibo, la confortante routine delle vacanze. Era qualcosa di più, ma non capivo mai cosa. Ora che sono di ritorno, sto piangendo, come ogni volta. Ma son lacrime diverse. Questa volta non son venuta per passare semplicemente qualche giorno dagli zii. Sono arrivata distrutta, disintegrata, con l’anima a brandelli, nascosta sotto il mio proverbiale immancabile sorriso. Avevo bisogno di venire qui. Perché sapevo di trovare la pace che mi serviva. Ma non immaginavo così. Non ho trovato solo la solita amorevole accoglienza, ma orecchie desiderose di ascoltare le mie paure, parole cariche di significato, abbracci in grado di ricomporre i pezzi del mio cuore stanco, luoghi immacolati e immersi nella natura che mi hanno curato…
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Ti ho trovato nel sole che calava
Amore mio gigante, oggi sono partita per il lago. La prima vacanza senza di te. Non ero più abituata: come si fanno le vacanze in gruppo? Avremmo dovuto partire insieme, la pneumologa ci aveva consigliato un luogo fresco al di sotto dei 1000 metri di altitudine per non affaticare i polmoni. Poco prima della tua partenza, ti avevo girato dei link da guardare per provare ad andare in vacanza. Ma sei partito senza di me. È una sensazione strana, quella che provo: avevo una gran voglia di cambiare aria, ma al tempo stesso mi sentivo in colpa. Sai, nell’immaginario comune, dovrei rintanarmi in casa vestita di nero. Ma non sono mai stata una persona comune, noi due non lo eravamo. È stata una giornata spensierata, ma verso sera, ho sentito il bisogno di venirti a cercare. Ti ho trovato nel sole che calava, la tua ora preferita. E lì, siamo stati insieme per un po’.…
Cammina nelle mie scarpe
Interno, notte. Io, a letto: “Certo che con sta situazione non so più nemmeno che giorno sia, domani inizia il weekend, ma non cambia nulla rispetto a questi giorni…”. Teo, serafico: “Questa è la mia vita, tutti i giorni. Capisci ora che significa?”. È difficile persino per noi che camminiamo accanto a un malato ogni giorno capire la sua condizione di prigionia. Perché sì, la malattia ti mette in catene. In questi giorni alla fatica della croce quotidiana si aggiunge anche la paura, che batte più forte del solito. Nostra, ma soprattutto di chi è più fragile. Per questo sarebbe buona cosa tacere tutti e portar rispetto. Ho sentito dire in questi giorni: “Ma sì, tanto crepano loro, gli anziani e gli ammalati…”, come fossero un peso, uno scarto. E invece se avessimo dato loro ascolto, ci avrebbero fornito tutte le risposte di cui avevamo bisogno. Perché loro sanno cosa vuol dire convivere col nemico, sanno come affrontare una crisi.…
Ella & John
Avete mai provato a immaginarvi senza accanto la persona che amate? Probabilmente no. Si sta insieme, ci si sposa, si progetta un futuro proprio con la prospettiva dell’immortalità, come se in due si potesse sconfiggere la morte o quantomeno questa potesse arrivare in là negli anni. Da giovani mai si arriva a pensare: cosa farei se lui non ci fosse più? Ebbene, ieri sera ho visto per la seconda volta il film “Ella & John”, la storia di una coppia di quasi ottantenni che parte per un viaggio in camper, il loro ultimo viaggio insieme. Lui – malato di Alzheimer – ha il fisico, lei – malata di cancro – ha la testa: in due si completano, ora proprio letteralmente. L’uno senza l’altro son perduti, e non solo fisicamente. L’uno senza l’altra non potrebbero esistere. Ho pianto, e tanto. Perché sebbene abbia 50 anni di meno dei protagonisti conosco bene quell’ineluttabile sensazione di fine e di abbandono, se l’altro non…
Il cancro è un dono?
Il cancro è un dono? Lasciate che vi racconti non una, ma la mia, la nostra storia. Questa è la faccia di due giovani, che la mattina stessa si sono dovuti svegliare alle 6 per recarsi in ospedale per l’esame che ogni tre mesi decreta una sentenza. Questa è la faccia di due giovani che hanno messo in attesa la loro esistenza, una vita in cui la musichetta in sottofondo suona all’infinito e non smette, non smette mai. La sua è la faccia di una persona stanca, trasfigurata dal dolore, sfinito dalle cure, che spesso vuole farla finita, ma che sempre continua a lottare perché sa che non ha scelta, se vuole rimanere qui. La mia è la faccia della paura nascosta da un sorriso, della sospensione, dell’attesa. Alla nostra età, quando i nostri coetanei frequentano gli ospedali per fare morfologiche o amniocentesi, noi attraversiamo il reparto di oncologia, per farci dire se c’è ancora un futuro. A volte ci chiediamo…
In silenzio
Io per natura parlo tanto, ma – e qui non sembra – solo se ho qualcosa da dire. Infatti, – e qui non sembra – apprezzo tanto anche il silenzio. Anzi lo cerco, lo bramo. In un’epoca in cui anche se non hai un cazzo da dire, ti invitano a farlo, è bello stare un po’ in silenzio. Migliaia di Stories, di video in diretta, con gente che pur di riempirsi la giornata mostra lo yogurt che sta mangiando a colazione; status sul nulla pieni di commenti, pur di passare il pomeriggio a rispondere e controbattere: l’impressione è che non si apra più la bocca (o il cervello) quando si ha qualcosa da dire, ma che la si apra a prescindere pur di. Abbiamo perso il valore del silenzio, la sua preziosità. Il silenzio non è assenza di parole, ma presenza dello spirito. È disporre di un momento per imparare ad ascoltare, per ricominciare ad ascoltarsi. Tutte le parole, i…