Ho per le mani la penultima copia di Vanity Fair e sto piangendo. Sono seriamente commossa. Ho appena finito di leggere di Fedora e Rinaldo (potete trovarla qui), una storia così bella che mi ha fatto esclamare due cose, appena letta l’ultima parola: “Porca miseria, avrei voluto scriverla io!” e “Porca miseria, come vorrei viverla io!”. Una storia che mi è venuta a cercare, sfogliando distrattamente la rivista: non avevo visto il lancio in copertina, ma aprendola a caso, il destino mi ha portato lì. Cinque minuti, tra un lavoro e un altro, per distrarmi, cinque minuti di pura magia. Fedora e Rinaldo sono due privilegiati perché la vita ha fatto loro il dono di conoscere l’amore vero, l’amore per sempre. Cento anni a testa, si conoscono da 91 e si amano da sempre. Da quando si sono conosciuti a scuola, da quando han piantato nelle campagne marchigiane il loro rametto, poi diventato una robusta quercia. Amici per la pelle,…
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Le canzoni che mi fanno piangere
Ognuno di noi ha momenti difficili, in cui non sa come andare avanti, che senso dare a quello che ci sta succedendo. Provate a pensarci: in quei momenti chi c’era a farvi compagnia, a farvi sfogare, a darvi le risposte che cercavate o semplicemente vi aiutava a non pensare? Con me c’era una canzone. La musica spesso ha risolto tutto per me: mi ha aiutato a fare chiarezza, a saltare sul letto in preda a un raptus, a tirare i pugni giusti contro il vento, a urlare, a piangere, a esorcizzare le mie paure. E a fissare gli attimi: belli o brutti che siano, rimarranno sempre con me, per sempre miei e di nessun altro. Per questo, ho raccolto la sfida lanciata da Luca Bianchini di Vanity Fair (che peraltro saluto e abbraccio da qui: sono la Francesca della presentazione alla Ubik di Busto Arsizio, ricordi? Perché io di te mi ricordo benissimo!) di scrivere quali sono le canzoni del…
Sognando Vanity
E poi succede che in un giorno in cui non hai molto da fare perché il lavoro da precario viene e va, decidi di proporre un blog a Style.it, uno dei siti più importanti in Italia, perché ti piace scrivere a prescindere, che sia per lavoro o meno. E succede che te lo approvino e quindi inizi a pubblicare pensieri a casaccio, così come vengono, così come erano i blog in principio, pagine di riflessioni sparse di un diario digitale. Poi, nel tempo, il lavoro aumenta – oltre ad andare, ogni tanto viene – ma nonostante questo, senti che il blog non va abbandonato, anzi va curato settimana per settimana, proprio come un figlio. Anzi, senti che aprirne un secondo, sempre su Style, è la strada giusta, uno sul pensiero positivo e sull’ottimismo, che non se ne ha mai abbastanza. Dedichi anche all’ultimo nato tutte le tue energie, lo segui, lo vedi crescere, insieme al suo fratellino più anziano. Iniziano…
E se non ci fosse più tempo?
Dedicato a te. Manchi. Franco aveva il sole negli occhi, e anche un velo di tristezza, ma appena accennato, visibile solo a chi non poteva mentire perché lo conosceva troppo bene. Franco amava stare in compagnia e condividere tutto: il cibo, le esperienze, la vita che passava, anche le paure e le delusioni. Amava gli abbracci, perché quando lo faceva non ti lasciava andare più, stringeva e stringeva, come se avesse dovuto essere l’ultimo. E se l’avessi saputo che quello sarebbe stato il nostro ultimo, non ti avrei più lasciato andare. Franco se n’è andato in una gelida notte d’inverno, ormai due anni fa, a bordo della sua auto. Amava guidare, vivere veloce e così se n’è andato. Uno schianto, e poi la notte. Franco era un mio amico, un amico di famiglia, poi diventato un fratello per me. Entrò nella mia vita, dopo essere entrato in quella di mia sorella, era il suo ragazzo, il suo ‘morosino’ alle…
Il mio matrimonio
A te che mi hai salvato. Piangevo. Stamattina sul treno piangevo, come una scema. Sul Vanity Fair di qualche mese fa (dovete sapere che ho arretrati di due mesi!) leggevo l’intervista fatta a Andrea, marito di Anna Lisa Russo, la ragazza scomparsa quasi un anno fa, sconfitta da un cancro. Diventata famosa suo malgrado, poiché teneva un blog dove raccontava la sua vicenda, le sue paure, i suoi sorrisi, la sua voglia di vivere, qui il marito Andrea (che l’ha voluta sposare un mese prima della morte) racconta dei loro progetti: “Una casa nel bosco, con le api per fare il miele e due capre, due asinelli, due ochette. Tutto due, perché diceva che nessuno doveva stare mai solo”. E allora piangevo. Piangevo, perché ricordavo di quella volta che successe a me, a noi. Solo con un epilogo, per fortuna, diverso. Che mi ha, ci ha reso diversi. E più forti. Avevo 21 anni. 20 e mezzo per la…
Mario e la forza della normalità
Ho gli occhi colmi di lacrime. E non so nemmeno perché. Dicono che capiti quando ci si immedesima nella storia di un altro, al punto tale da finire in empatia, anche se non lo si ha mai conosciuto dal vivo. A me è capitato oggi. Sfogliando l’ultimo numero di Vanity Fair, mi sono imbattuta nelle pagine che celebravano la breve esistenza di Piermario Morosini, il giovane centrocampista del Livorno, morto a 26 anni sabato scorso su un campo di calcio. Di lui si sapeva poco prima di questa triste vicenda, ma la morte in diretta lo hanno trasformato in una celebrità: di lui ora si sa tutto, vita, morte e miracoli. Materiale di lavoro per le riviste, pane per i talk show. Tutti ora conosciamo le disgrazie che in poco più di dieci anni lo hanno fatto diventare un uomo: la morte dei genitori, il suicidio del fratello disabile e l’occuparsi della sorella, anch’essa disabile. Troppo il dolore per una…