Una cosa in questi anni di vita l’ho capita: è l’attesa che logora. Che poi vada bene o vada male, è uguale, nel senso che uno metabolizza la notizia e o ne gioisce e ne gode, oppure si dispera e poi si rimbocca le maniche. Ma è quel non sapere cosa sarà della nostra vita che ci fa ammattire.
Da un mese e poco più siamo tornati alla vita di sempre, e da un mese e poco più stiamo accumulando tensioni che Dio solo sa: prima per sapere i risultati di una Tac decisiva che si facevano desiderare; poi dopo che sono arrivati – e non erano entusiastici come speravamo -, per capire quando iniziare la nuova cura, rimandata per un paio di volte. Una cura che dovrebbe essere più leggera e sostenibile, ma di cui non possiamo conoscere gli effetti collaterali fino a che non la si sperimenta. Nel frattempo, grande nervoso, grande tensione, parole che volano, abbracci che mancano e un generale livello di stanchezza che nuoce a tutti. Nel frattempo, si cerca anche di mandare avanti i progetti di vita, ma si temporeggia, perchè e se poi mi tocca disfare tutto di nuovo? Però forse meglio disfare che non fare per niente.
E se poi mi pento? E se poi devo tornare indietro? E se poi non posso andarci? E se poi devo disdire? Tutte domande lecite che denotano prudenza, ma che a lungo andare rischiano di farci vivere col freno a mano tirato. Faccio un paio di esempi molto banali ma efficaci: quest’estate ero in spiaggia, una spiaggia bellissima che all’ora del tramonto, deserta, diventa ancora più magica. Faceva freschino e il mio costume era già asciutto, pronti per tornare a casa. Ma il mare era troppo bello, la situazione troppo invitante, così… mi sono tuffata, al diavolo l’aria fredda, il costume bagnato, il buio che scendeva. Galleggiando come un morto, mi sono rilassata, ho svuotato la mente, mi sono ritrovata per un poco. Ero in pace. E nonostante il costume bagnato e l’aria fredda, tutte le mie paure di ammalarmi si sono rivelate infondate. Allo stesso modo, erano anni che volevamo farci un viaggio importante, bello, lungo, lontano: e prima rimanda perchè non c’è il lavoro, poi rimanda perchè lui non sta bene… Quest’anno abbiamo deciso: andiamo e fanculo i soldi, il lavoro e anche la salute precaria! Siamo partiti alla volta della East Coast: non era un viaggio di nozze, ma lo sembrava. E chissene se non c’era nessuna occasione importante per cui festeggiare: c’eravamo io e lui e la consapevolezza che aspettare il momento giusto non porta da nessuna parte, e tanto bastava.
Quindi, SeDici che vuoi fare una cosa, falla subito, non aspettare: ok ponderare ed essere prudenti, ma non devono essere scuse per non vivere. La paura di sbagliare, di esagerare, di fare cose di cui ci si può pentire è umana e razionale, ma la sensazione di sentirsi vivi è puro istinto e impagabile e ogni tanto fare qualcosa che agli occhi degli altri può apparire folle ci aiuta a esorcizzare sentimenti che altrimenti rischiano di bloccarci, sedimentando in noi. La vita è infinita attesa e a volte dietro l’angolo ci aspettano solo inculate: non mettiamo in lista d’attesa anche le cose belle. Affrontiamole di petto, forse anche con un pizzico di incoscienza: se sbagliamo, ci sarà modo di recuperare; se ci pentiamo, c’è sempre spazio per imparare.

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