La parola vuoto deriva dal lat. volg. *vo(c)ĭtus, p. pass. di *vocēre, variante di *vacēre, class. vacare ‘esser libero’. Spesso usata come parola negativa, che fa paura, ha invece connessione con la cosa più preziosa, anelata che esista: la libertà.
Avere il vuoto interno, lasciar vuoto qualcosa significa sì solitudine, ma non necessariamente abbandono: fare il vuoto significa fare spazio, buttare il vecchio, il logoro, il consunto e lasciare posto al nuovo, che può essere bello o brutto, ma che sicuramente può arricchirci. Siamo così pieni di pensieri, di cose da fare, di oggetti stipati in casa e nell’anima, che ci perdiamo nuove esperienze proprio per mancanza di spazio, di vuoto.
Un buon esercizio è ogni tanto fare un repulisti: della mail, degli armadi, delle conoscenze, dell’anima. Proprio nel weekend ho fatto ordine nell’armadio e ho eliminato i vestiti che tenevo lì a prender polvere, occupando spazio inutilmente. Ora potranno rivivere una seconda vita addosso a chi ne ha bisogno e anch’io mi son sentita più leggera per questo, come rinata. Spesso ci costringiamo a una vita asfittica, sepolti dai pensieri e dalle cose vecchie e passate, quando invece basterebbe fare solo un po’ di vuoto e lasciarle andare, di modo da poter rinascere loro e con loro, anche noi.
Prendiamoci un momento in questi giorni di riposo per fare pulizia, ordine, vuoto: nelle nostre cose, nei nostri spazi, nella nostra anima. Fare vuoto significa prendere consapevolezza di quello che non ci serve più, lasciarlo andare e capire quello che invece vogliamo di nuovo. Richiede un grande ordine mentale e per questo, occorre un po’ di silenzio. E poi di vuoto.
La libertà è un grande dono, dalle mille sfaccettature, ma può far paura se non gestita con consapevolezza. Per questo, ogni tanto bisogna andare sotto vuoto: per poi riemergere, con più spinta.

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