Vi è mai capitato di rinunciare a qualcosa che avevate voglia di fare, che vi poteva dare gioia, solo per orgoglio o puntiglio? Ecco, per fortuna, a me no. Ho deciso di dare retta al cuore (dopo aver messo tutte le cose bene in chiaro) e di buttarmi, rischiando anche di farmi male… ma per fortuna, il cuore non sbaglia mai.
Ora vi racconto: settimana scorsa sono tornata in campo, dopo che avevo deciso di lasciare l’agonismo per incomprensioni e incompatibilità con l’allenatore, il quale mi aveva fatto abbondantemente capire che di me non aveva bisogno. È stato proprio lui, però, a richiamarmi in campo, dicendomi che la squadra aveva bisogno di me, visto che erano a corto di giocatrici. Dopo aver chiarito con lui e aver capito per l’ennesima volta che gli servivo giusto per quelle due partite, dopodiché potevo tornare alla mia decisione, ho pensato e ripensato su cosa era giusto fare: fare l’orgogliosa e lasciarlo nel pantano, visto che mi ha detto chiaramente di poter fare a meno di me, oppure dar retta al cuore e all’infinita voglia di giocare e sfruttare l’occasione, dando comunque il massimo, visto quanto ci tengo alla squadra? Ha vinto il cuore: ho giocato perché avevo voglia di farlo e ce n’era la possibilità, ho lasciato da parte l’orgoglio, apprezzando comunque l’onestà, e mi sono divertita da matti. Ero felice. Diciamo che per come era ‘finita’, non pensavo più di potermi divertire così: per me questa squadra era (forse è ancora) un grande amore, mi sono spesa tantissimo per costruire un ambiente familiare, dove tutti potessero sentirsi accolti, e sentirmi messa alla porta come l’ultima degli stronzi, mi ha fatto soffrire indicibilmente. Però, mi è stata offerta quest’ultima opportunità, che ho deciso di prendere al volo, senza badare ai rancori: e ho fatto bene. Ero felice.
Forse, a volte, nelle storie d’amore, come nei rapporti d’amicizia o di vita, serbiamo troppo rancore e viviamo immersi nell’orgoglio, senza magari andare oltre e capire davvero se quella cosa può farci felici oppure no. Preferiamo macinare risentimento, invece che sgombrare il cuore e lasciare spazio a occasioni di gioia. Io in questo caso, razionalmente ho scelto di essere felice, senza nutrire grosse illusioni, anche rischiando di farmi male un’altra volta, ma ho fatto di tutto perché questo non potesse accadere. Siamo nati per essere felici, solo che dobbiamo imparare ad aprire gli occhi e a lasciare da parte i veleni del cuore. Siamo noi i primi ad affaticarlo, i primi a complicare le cose semplici: se una cosa ci farà felici, o c’è una buona possibilità che questo succeda, perché non farla? E chi se ne frega di quello che è successo prima, abbandoniamo le cose brutte e concediamoci di volare.
Raf cantava tanti anni fa: “Se hai amato era amore, non è mai un errore”, io ho amato tanto e continuo a farlo, nonostante la sofferenza di non essere corrisposta. È un percorso complesso, che passa necessariamente attraverso una presa di coscienza di sè, molto difficile da esercitare: si chiama consapevolezza, ed è la chiave di volta per la felicità. Si tratta di scoprire che abbiamo le ali per volare, invece di fossilizzarci sui pesi che ci trattengono a terra.
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