Eccoci con un’altra puntata del progetto “Startup Mon Amour”, il viaggio alla scoperta di realtà innovative legate al mondo del wedding, ideato da #giovaniconlapiva. Questa volta la nostra #consulenteatipica Carolina è andata alla scoperta di un posto magico: Il Canto del Maggio, l’“albergo diffuso” di Simona Quirini e della papera di famiglia Qui Qui, che diventa per ogni viaggiatore una seconda casa. Situato nelle campagne intorno ad Arezzo, è un luogo di cui è difficile non innamorarsi: un po’ romantico, un po’ nostalgico, tanto bello, tanto grande, ma raccolto, immerso nella pace e nel verde. Qui puoi incontrare italiani, stranieri, single, famiglie e i figli di Simona che fanno colazione insieme alla nonna. Il personale è cosmopolita. Al bancone del bar c’è Wilma, una scrittrice olandese che per cercare ispirazione fa la ragazza “au pair”. All’orto trovi Rina, una ragazza giapponese che fa uno stage per replicare esperienza e progetto nel suo Giappone.
E poi c’è lei. C’è Simona. Il Sole del Canto del Maggio. Presente, solare, divertente, romantica, pratica, felice, mamma, moglie, figlia, professionista. Gestisce la sua attività con passione e dedizione. I contorni della vita privata si intrecciano con quelli aziendali. “L’agriturismo è per me un concetto di vita, casa mia sì, ma aperta a tutti. Tutti devono sentire che l’accoglienza è al primo posto per me e la mia famiglia, e che in fondo ne entrano a far parte non appena varcano la soglia e si avvicinano a quelle piccole grandi cose che fanno parte di questo mondo”.

Il Canto del Maggio è un progetto di vita: “Inizialmente, forse per la novità, non venne visto bene, o meglio, c’era un po’ di diffidenza soprattutto in un piccolo borgo, ma ora, anche i vicini fanno indirettamente parte di questo progetto. Quando vado a fare la spesa in centro per esempio, utilizzando solo prodotti a km zero, tutti mi chiedono come procede e dimostrano un’ammirazione e un rispetto nei confronti dell’attività della mia famiglia commovente, ne sono felice”.
Ma che cosa significa il concetto di “albergo diffuso”? “Riprendendo la definizione di Giancarlo Dall’Ara, un albergo diffuso è sostanzialmente due cose: un modello di ospitalità originale e di sviluppo turistico del territorio. In estrema sintesi, si tratta di una proposta concepita per offrire agli ospiti l’esperienza di vita di un centro storico di una città o di un paese, potendo contare su tutti i servizi alberghieri, cioè su accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni per gli ospiti, alloggiando in case e camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso: lo stabile nel quale sono situati la reception, gli ambienti comuni, l’area ristoro. Ma l’AD è anche un modello di sviluppo del territorio che non crea impatto ambientale. Per dare vita ad un Albergo Diffuso infatti non è necessario costruire niente, dato che ci si limita a recuperare/ristrutturare e a mettere in rete quello che esiste già”.

Dall’albergo diffuso al “matrimonio diffuso”?: “Il matrimonio qui è un momento magico per me. Da circa tre anni il Canto del Maggio è anche una location per matrimoni. Inizialmente non ero preparata, non riuscivo a vedere la possibilità di mescolare la filosofia di ospitalità e familiarità al concetto di matrimonio con la “m” maiuscola. Poi grazie alle wedding planner di Italian Eye Event sono riuscita ad andare oltre, ho visto un’idea, una complementarità: non era più il Canto del Maggio a doversi sagomare sugli sposi, ma loro ad adeguarsi a noi. E così ho iniziato. Oggi ne organizzo di tutti i generi, dai più classici ai più particolari. Ovviamente mantengo una linea coerente: il requisito del green e del “country” è sicuramente il fil rouge dell’evento. Ecco, chi cerca il gran lusso non lo trova qui. Qui trovi una sensazione, un’emozione.
Io mi occupo in prima persona del “food” & “beverage” e collaboro con professionisti per gli allestimenti wedding e per lo studio dell’evento. Per esempio, prima dell’estate ho ospitato un matrimonio di una coppia belga che ha riservato tutto il Canto del Maggio per tre giorni. L’evento è andato di pari passo con la vita delle persone che vivono all’interno del borgo, rafforzando il concetto di ospitalità e naturalezza che fanno di questa location una seconda casa per tutti.
L’evento matrimonio mi coinvolge in prima persona. Chi mi chiama per ricevere informazioni mi deve piacere a pelle, già da una telefonata riesco a capire la sinergia. Chi si sposa qui deve essere consapevole della realtà che trova. Per esempio, una mattina all’alba mi sono incamminata fino al fiume – con gli stivaloni in gomma – per fare un video con il mio iPhone per una coppia di sposi straniera. Volevo capissero realmente il territorio, la zona, le luci. Ecco, questa sono io”.

Prossimi progetti in tema wedding?: “Organizzare la prima unione civile di un mio caro amico, così il Canto del Maggio assume un’altra connotazione ancora. La tradizione che si fonde con l’evoluzione. Il sentirsi a casa, che vale per tutti”.
Ma ho visto tra le foto del matrimonio belga una torta nuziale incredibile…: “Il pasticcere è mio figlio più piccolo, che è un artista, non c’è altro da dire. Io con i dolci me la cavo, adoro prepararli per colazione, ma lui è oltre. Nessuno dei miei due figli è certo di voler continuare questo lavoro, questa tradizione. E io in questo voglio essere il più democratica possibile, senza influenzarli. Ma quando vedo i capolavori del mio secondo, e quando il mio primo mi dice “Be’, sai mamma, forse un agriturismo è anche bello averlo” vedo i miei 25 anni di attività che passano in fretta, le rinunce fatte, la vita serrata, ma vedo anche quello che ho costruito e la famiglia allargata che siamo oggi e ne sono fiera”.

Il tuo progetto è talmente bello, che in Giappone è stato replicato: dicci di più!: “Sì, sembra incredibile. Qui in Italia, ancora oggi, normative regionali differenti osteggiano il concetto di “albergo diffuso” e per questo siamo portati a parlare solo di “ospitalità diffusa”. Per questo progetto sono stata scelta come referente. All’inizio, mi sono preoccupata, poi invece mi sono convinta, grazie anche all’appoggio del mio sindaco che sostiene quest’idea. E così a metà novembre andrò in Giappone e assisterò a un workshop di 10 giorni dove presenterò il Canto del Maggio e mostrerò attraverso una serie di slides le fotografie che mi rappresentano e raccontano dell’ospitalità diffusa. E chissà magari prenderanno spunto anche per il concetto di matrimonio diffuso!”.
Progetti per il futuro?: “Ne ho tanti, forse troppi! Mi piacerebbe promuovere sempre più, soprattutto tra i giovani, il concetto di recupero di aree attraverso la costituzione di un albergo diffuso o di un agriturismo, ma ogni progetto innovativo è poi tassativamente gravoso, e questo purtroppo porta molti ad abbandonare un sogno… A Chiassaia, a pochi km da qui, per esempio, dei ragazzi di Milano tramite un bando della comunità montana sono partiti con 40 capre e ora oltre ad averne 120, sono una parte importante del turismo qui, con la vendita del loro fantastico caprino. Quando possibile, appoggio progetti sociali come il recupero di giovani problematici attraverso l’accoglienza e il lavoro in struttura, ma la burocrazia è davvero lunga e mi piacerebbe fosse snellita per far in modo che aderissero più imprenditori e si potesse fare il bene di quanti più ragazzi e ragazze possibili. Un sogno nel cassetto sarebbe poi poter rilanciare Rocca Ricciarda (frazione del comune di Loro Ciuffenna in provincia di Arezzo, ndr), posto dell’anima per me, ma quello è ancora lontano”.

Un po’ di burocrazia… Quali sono le problematiche con cui ti scontri quotidianamente?: “Indubbiamente le normative regionali che sono farraginose e diverse in materia di albergo diffuso. Qui in Toscana per esempio non possiamo ancora parlare di albergo diffuso, ma solo di ospitalità diffusa. Sono infatti “etichettata” come agriturismo, ma non sono poi neanche quello. Infatti non posso vendere i prodotti che coltivo e creo qui all’interno del Canto del Maggio. Oppure i costi del personale. La pressione previdenziale. La difficoltà di poter impiegare personale alternativo. Le scartoffie, che mi passa la voglia al primo foglio. Insomma sembra quasi che ti mettano i bastoni tra le ruote! Ti racconto questa: ho collaborato con un’azienda svizzera che cercava alloggio per alcuni manager. Inizialmente non ci sono stati problemi, poi in un secondo momento mi hanno richiesto una serie infinita di documenti relativi alla sicurezza (uscite di sicurezza – segnaletica orizzontale etc) di cui non dispongo perché sono un borgo storico… Ho cercato di spiegarlo più e più volte. Ma non c’è stato verso e cosi quest’azienda mi ha cancellato dalla lista dei fornitori. Che peccato!”.
Chi è Carolina: Carolina Casolo, ovvero #carolinaconsulente, è una consulente un po’ atipica, che ama poter assistere aziende o persone fisiche che iniziano una propria attività seguendo un sogno, fornendo punti di vista differenti e trovando soluzioni innovative per rispondere alle sempre più particolari esigenze dei clienti. Ecco da dove è nato il suo interesse per il settore del wedding e in particolare per le startup. È la founder di #giovaniconlapiva, la società di servizi e consulenze dedicata ai giovani under 35 che si approcciano al lavoro autonomo.
[Grazie a Rachele Mandarano per la collaborazione]
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