“Io il culo, ah sì, non ce n’è”. “A me fanno impazzire le spalle, grandi, muscolose, strutturate. E a te, Lili?”. “Eh, cosa?”. “Ci sei, sei tra noi? Cosa ti attrae di un uomo, ricordi?”. “Ah sì… il sorriso”. “Sì vabbè, la solita pura e innocente, figurati”. Non aveva voglia di controbattere Lisa. Perché le sue amiche avevano ragione. Non era il sorriso. Erano le labbra. Quelle labbra. Il sorriso era solo una delle tante cose che sapeva fare con quelle cazzo di labbra, e non era nemmeno quella che gli usciva meglio. Aveva un sorriso sbieco, di quelli in cui sollevi solo un angolo della bocca. Sfuggente, come lui. Ma non lo valorizzava, non valorizzava le sue labbra, che così si assottigliavano. E invece quelle labbra… Le aveva viste la prima volta a un aperitivo di lavoro: lui illustrava un progetto, lei prendeva appunti per farne un articolo. Non le aveva notate. Troppo lontano. Troppo lontani loro due, lei…
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Pesto
“Perché mi sono innamorato, mi ero addormentato di te”. Ci puoi far sesso subito con una persona, ma dormire insieme, quello è intimo davvero. Son qui che faccio andare le mani per non pensarci, mi son persino messa a lavare i piatti, ma parte Calcutta ed è la fine. Quanto piaceva a Riccardo, in macchina, ovunque, non sentiva altro… Con Riccardo prima di dormire insieme, quanto passò? Due, tre mesi? Scopavamo certo, ma sempre di passaggio: in macchina, casa mia, casa sua, ma non dormendo accanto l’una all’altro. Poi successe spontaneamente, una sera in cui capimmo che non c’era più bisogno di nascondere i nostri sospiri e i nostri silenzi dopo l’orgasmo. Ora lui dorme accanto a un’altra. Da qualche mese ha deciso che non ero più il rifugio perfetto per le sue paure. Mi ha lasciata con un messaggio. “Non ti amo più”. Ma che cazzo vuol dire? Almeno è stato sincero, pare debba anche ringraziarlo. Tanti spariscono e…
Parole
“Ristretto, grazie”. Era il primo caffè al bar dopo chissà quanto tempo. Non se lo ricordava nemmeno più quanto. Ormai era in smart working da mesi, tanto che aveva perso la sensibilità alla vita sociale. Era uscita quella mattina solo per provare a vedere di nascosto l’effetto che faceva, ammesso che un effetto ci fosse. Era sola dentro una vita fatta di solitudine da anni luce. Il marito se n’era andato con un’altra quattro anni prima. Strano come avesse avuto lei la fortuna di trovare l’unico fedifrago che aveva avuto le palle di mollare la moglie per l’amante. Di solito stavano tutti comodi nella loro vita di facciata. Ma le aveva fatto un favore, lei sarebbe stata ancora meno coraggiosa e se lo sarebbe tenuto anche per tutta la vita. Perché, poteva meritare altro? Mentre sorseggiava il suo caffè, scosse la testa. Evidentemente no, visto che in quattro anni non aveva trovato ancora lo straccio di nessuno. Qualche scopata qua…
Tsunami
“Sei una puttana”. Aveva tardato di appena dieci minuti dalla palestra e mentre scendeva dalla macchina, aveva sentito Martina dirle: “Be’, l’istruttore l’ha notato e ha apprezzato”. Suo marito l’aveva sentita, perché era lì con la finestra aperta al 15 di gennaio a contare i minuti. Non aveva fatto nemmeno in tempo a entrare che l’aveva spinta contro il muro. “Sei una puttana”. A niente era valso il tentativo di replicare, di dirgli che la palestra stava funzionando, che quel programma la stava aiutando a perdere peso, che ora aveva il culo delle attrici che amava tanto guardarsi di nascosto su PornHub. Per lui era sempre la “cicciona di merda, chiatta come una balena”. Riuscì a rintanarsi in bagno e a girare la chiave. Lui dall’altra parte urlava come un ossesso. Lei, di qui, si odiava perché tutto ciò che faceva lo faceva per compiacerlo, per tornare a farsi amare come quando erano ragazzini e lui sembrava l’uomo migliore del…
Nebbia
“Dove cazzo è? Dove cazzo l’ho messa?”. Sapeva di avere una bottiglia da parte per le occasioni buone, ma forse l’aveva già stappata. Perché effettivamente di occasioni belle non se ne vedevano da un pezzo all’orizzonte, e il motivo per cui stava cercando quel Chianti Riserva non era certo una ragione per far festa. Ma ne aveva bisogno. Disperatamente. Non c’era nessun vino in cui annegare l’amarezza. Cazzo. Salendo le scale, inciampò anche su uno scalino, sbattendo il mento. Era evidente che quella giornata di merda non dovesse avere mai fine. Era per terra, spalmata sulle scale che dalla cantina portavano al suo appartamento e nessuno si sarebbe accorto di lei, dolorante sul pavimento. Nessuna lacrima, però, le rigò il viso, forse perché di lacrime non ne aveva più. Era rimasta tutto il pomeriggio in quei 32 mq di merda, davanti al cellulare in attesa di notizie dall’ospedale. Fuori imperversava la pandemia, e suo padre aveva pensato bene di tagliarsi…