“Perché mi sono innamorato, mi ero addormentato di te”. Ci puoi far sesso subito con una persona, ma dormire insieme, quello è intimo davvero. Son qui che faccio andare le mani per non pensarci, mi son persino messa a lavare i piatti, ma parte Calcutta ed è la fine. Quanto piaceva a Riccardo, in macchina, ovunque, non sentiva altro… Con Riccardo prima di dormire insieme, quanto passò? Due, tre mesi? Scopavamo certo, ma sempre di passaggio: in macchina, casa mia, casa sua, ma non dormendo accanto l’una all’altro. Poi successe spontaneamente, una sera in cui capimmo che non c’era più bisogno di nascondere i nostri sospiri e i nostri silenzi dopo l’orgasmo.
Ora lui dorme accanto a un’altra. Da qualche mese ha deciso che non ero più il rifugio perfetto per le sue paure. Mi ha lasciata con un messaggio. “Non ti amo più”. Ma che cazzo vuol dire? Almeno è stato sincero, pare debba anche ringraziarlo. Tanti spariscono e basta. Che gentile, pensa.
Dovrei cancellare Calcutta dalla mia playlist. Come se bastasse a non farmelo risuonare nel cervello. Così come ho cancellato Riccardo da ogni social. Come prendere il placebo: non serve a un cazzo, ma tu credi di stare meglio. Per un po’.
Lui è andato avanti, in fretta. Chissà perché, gli uomini vanno sempre avanti in fretta. Fast forward alla prossima traccia. E io sono ancora qui che ascolto Calcutta, invece. Che manco mi piaceva, e adesso è un chiodo conficcato nel cervello.
Dlin, “Che fai?”. Christian è carino, la prima volta che l’ho visto, non lo vidi neppure. Aperitivo, c’era ancora Riccardo con me. Un altro aperitivo, trasparente per me. Lui iniziò a scrivermi di lì a poco, Riccardo mi avrebbe lasciata poco dopo. Non gli ho mai chiesto se mi scrisse perché gli piacevo o per i nostri comuni interessi. Perché, un uomo davvero scrive solo per sapere che ne pensi sulla mostra di Dalì?
Eppure parliamo di tutto: libri, musica, film, cultura. A lui sembra interessare davvero il mio parere. Forse solo quello. “Ci vediamo?”, deve lavorare. Sempre. Scopa con il mio cervello, ma non col mio corpo. Che novità, il cervello è sempre stato il mio pezzo forte. Riccardo diceva che era impossibile resistergli, era stimolante. Peccato che poi ha preferito quella con le tette grosse.
Che si fotta, lui e anche Christian. Mi scrivono in tanti: “Sei carina, sei una brava ragazza, sei intelligente”. Approccio sbagliato. Ditemi qualcosa di me che non so. Stupitemi.
Per stupirmi devi saper leggermi dentro. La maggior parte non ha voglia di farlo o è analfabeta. Lui lo sa fare. Ma è scostante. Compare, scompare per giorni. Non gli interesso, perché chi è interessato, non si assenta dalle vite altrui. Altrimenti non si chiamerebbe frequentazione. Ma quale frequentazione. Sai quante altre… Fanculo.
“Che fai?”, mi riscrive. “Ma che ti frega?”, mi viene da pensare. Non me l’ha mai chiesto. “Lavoro”. “Ti va stasera aperitivo?”. “Ok”. Almeno capisco a che punto della lista sto. Poi uscire mi farà solo che bene, almeno bevo in compagnia.
Alle 19 sono al locale. Jeans seconda pelle, camicetta, stivali tacco 12: forse troppo per essere solo un’amica? Io mi sento bene. Lo vedo, mi siedo. Come avevo fatto a non averlo visto? È bello come un dio. Ah già, Riccardo. Sono monogama: un unico tipo di pizza, di cocktail, di uomo.
“Ciao”. Seguono 3 ore di conversazione e risate. Riccardo, chi è Riccardo? Lui è il mio personale propranololo. “Vieni da me?”. Perché no? Così scopiamo, via il dente via il dolore, e l’indomani ognuno per la sua strada. Forse è ciò di cui ho bisogno anch’io.
Saliamo al terzo piano. Un appartamento piccolo ma confortevole. Ci guardiamo negli occhi. Mi prende la testa tra le mani. Mi bacia, prima lentamente, poi voracemente. In un attimo finiamo nudi, a letto. Le sue dita dentro di me. La sua bocca sui miei seni. È dolce ma impetuoso. Avvolgente. Diverso da tutto ciò che avevo conosciuto fino a quel momento. Ci sfiniamo, lasciandoci ansimanti nel letto sfatto.
Faccio per alzarmi e rivestirmi. “No, rimani”. Non so se posso fidarmi di lui, ma mi fido di quello che sento. E sento che sto bene, dopo tanto tempo. Finalmente. Mi abbraccia. Mi addormento. Mi sveglio all’alba. Mi rivesto. Gli lascio un biglietto sul cuscino. “Mi sono addormentata di te”.
Dlin. Dopo qualche ora mi scrive “Uè deficiente”. Mi scappa un sorriso. Forse è così che fa l’amore: mette in fila le parole giuste perché tu possa riconoscerle.
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