“Ristretto, grazie”. Era il primo caffè al bar dopo chissà quanto tempo. Non se lo ricordava nemmeno più quanto. Ormai era in smart working da mesi, tanto che aveva perso la sensibilità alla vita sociale. Era uscita quella mattina solo per provare a vedere di nascosto l’effetto che faceva, ammesso che un effetto ci fosse. Era sola dentro una vita fatta di solitudine da anni luce.
Il marito se n’era andato con un’altra quattro anni prima. Strano come avesse avuto lei la fortuna di trovare l’unico fedifrago che aveva avuto le palle di mollare la moglie per l’amante. Di solito stavano tutti comodi nella loro vita di facciata. Ma le aveva fatto un favore, lei sarebbe stata ancora meno coraggiosa e se lo sarebbe tenuto anche per tutta la vita. Perché, poteva meritare altro?
Mentre sorseggiava il suo caffè, scosse la testa. Evidentemente no, visto che in quattro anni non aveva trovato ancora lo straccio di nessuno. Qualche scopata qua e là, ma nessuno che la interessasse davvero. Nessuno che sapesse sostenere una conversazione. Con suo marito parlavano tanto, di tutto, all’inizio. Quando poi lui andò a parlare altrove – o forse non parlavano nemmeno – e lei non parlo più con nessuno.
Di una relazione aveva sempre amato le prime schermaglie, quelle in cui con le parole costruisci un mondo. E fai volare le farfalle nello stomaco. E capisci se ci può essere spazio per continuare a condividere del tempo insieme. E se a una determinata parola il cuore manca un battito, è fatta. E se a quell’altra, lui prosegue il tuo discorso, completandolo con la parola mancante, allora è magia. Lei cercava qualcuno che con le parole la ammaliasse, le facesse perdere la strada del ritorno. Ma a quanto pare nessuno voleva più parlare.
Il lockdown però aveva sovvertito le regole: non c’era spazio per vedersi e toccarsi, solo per le parole. Dietro uno schermo. Se volevi conoscerti, dovevi necessariamente prima parlarti. Come si usava quando aveva conosciuto suo marito. Quando ancora aveva voglia di parlare.
Che poi lei amava parlare sì, ma poi a letto non parlava per nulla. “Scopi come un uomo”, le diceva sempre suo marito. Ma tutto partiva dalla testa. Forse per questo che nell’ultimo periodo del suo matrimonio l’orgasmo era irraggiungibile. Lui aveva smesso di sedurla nella testa, troppo impegnativo stimolare l’unico punto G che per lei contasse: il cervello.
Durante il lockdown però aveva conosciuto Marco. Si erano intercettati su Instagram, lui aveva cominciato a seguirla e a commentare le sue stories. Lei a rispondere con degli sticker. Lui ebbe l’ardire di chiederle la ricetta della foto che ritraeva le sue lasagne vegetariane, lei aveva risposto: certo. Non smisero più di parlare, e non solo di cucina, sebbene lei fosse una food influencer. Lui lavorava nella finanza, ma era un ottimo assaggiatore. Incastro perfetto.
Lei divorziata, lui vedovo, sebbene avesse solo pochi anni più di lei. Non ebbe mai il coraggio di chiedergli cosa fosse successo alla moglie, certe cose vanno lasciate dove stanno, quantomeno all’inizio. Cominciarono con lunghe chat, in cui parlavano di tutto: dalla musica ai libri, al cinema all’arte… Poi lui la invitò a un primo appuntamento, o almeno così credeva lei: come altro poteva definirsi una videocall in quello strano periodo dell’anno? Parlarono della famiglia, dei reciproci traumi infantili, dei primi amori adolescenziali, dei concerti che avevano loro cambiato la vita.
Con lui le ore passavano velocissime, facevano notte senza mai accorgersi che era ora di andare a dormire, perché di dormire non avevano voglia. Ed erano ore dense di parole, di scambi, di alchimia. Andava sempre a letto con uno strano calore alla base della gola e della pancia. Con lui stava bene, riusciva a dimenticare tutto il male che il suo ex marito le aveva fatto, non tanto le corna, ma il senso di inadeguatezza che le aveva cucito addosso, come fosse una lettera scarlatta. Con Marco non aveva paura di dire quello che pensava, non la giudicava, ma anzi era sempre interessato alla prossima parola che aveva da dire.
“Ho voglia di vederti”, le disse nell’ultima videocall. Era ciò che voleva anche lei, ma stava bene in quella bolla: e se poi gli altri sensi avessero rovinato tutto? Se le avessero portato via l’intesa che si era creata tra loro? Non avevano ancora fatto sesso, ma lei era già venuta un sacco di volte al suono delle sue parole. E non era tanto come le diceva, ma quello che diceva. Avevano in sé la giusta dose di autorevolezza e sfacciataggine. Lui la attraeva e insieme la respingeva, per certi versi.
“Ciao”. Era lui, alle sue spalle. Ne aveva riconosciuto la voce. Avevano riaperto la città, allentando le misure restrittive, così lui le aveva proposto di vedersi. Lei aveva acconsentito, ma per un caffè mattutino, una zona neutrale che poteva consentirle di respirarlo senza pericoli, di ogni tipo. In fondo, non si conoscevano bene, non si conoscevano affatto. E fuori il virus ancora non era stato debellato.
Si bevvero un cappuccino, entrambi liberi dai reciproci smart working. Parlarono ancora e ancora e ancora, tutta la mattina. E dal vivo era ancora più bello, sebbene vi fosse un tavolino quadrato tra loro a separarli. E quel calore… era ancora più caldo e divampante. Marco dal vivo era ancora più affascinante: aveva mani grandi e affusolate e una bocca piena e carnosa, soprattutto il labbro inferiore. Se le immaginò su di lei, sia le mani che le labbra, e per un attimo perse il filo del discorso. “Ehi, ci sei?”, Marco la riportò a terra. “Eh? Sì sì, scusa… È che ora devo proprio andare”. “Ti rivedo, vero?”.
Ma da lì a poche settimane, avrebbero richiuso tutto. Passarono altri tre mesi di parole e parole e parole. Ma sembrava che a ogni incontro il desiderio non accennasse a diminuire, anzi. Non poteva essere vero, nessun uomo resiste così a lungo in a una relazione senza sesso. Eppure. Che avesse trovato l’altra metà del suo cielo?
Arrivò la primavera. E con essa il disgelo, della terra e delle regole. Finalmente il virus sembrava essere sotto controllo grazie al nuovo farmaco e da qualche settimana la città era tornata a vivere. “Mi concedi un aperitivo dal vivo?”. Lei si mise carina, quel vestito che le fasciava le forme, un tacco alto ma non sfacciato e si truccò, ma senza esagerare. Si trovarono in un locale sui Navigli, finalmente potevano restare aperti fino a notte fonda, come nella vita di prima.
Nella vita di prima quello equivaleva a un quinto appuntamento, e a quel punto sarebbero già stati a letto un paio di volte insieme. Che mai potevano avere ancora da dirsi? Ma parlarono per la durata di tre drink, ovvero un’infinità. E lui non ne aveva mai abbastanza. Come mai ancora non le aveva chiesto di andare via insieme? Che allora non gli interessasse davvero? “Andiamo, che dici?”. “Sì, dai”. “Vieni da me, che proseguiamo le chiacchiere?”. Finalmente.
Appena dentro la porta di casa sua, diede un colpo d’occhio: era un loft moderno in zona Colonne di San Lorenzo. Ma non fece in tempo a sentire sbattere la porta, che lui le era già di fronte. Si fissarono per pochi minuti che parvero un’eternità: come ci si avvicinava in quel mondo post pandemia? “Era una vita che volevo fare l’amore con te”, le disse e le avvicinò le labbra carnose. Aderivano perfettamente alle sue. “Mi hai già scopato un sacco di volte”, rispose lei, col suo piglio maschile. Ebbe il sesso migliore della sua vita. Senza bisogno di parole.

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