L’altro giorno mi batteva il cuore a tremila. Con Matteo siamo tornati dopo quasi vent’anni nell’istituto dove abbiamo frequentato le superiori, io in un indirizzo, lui in un altro. Vent’anni fa c’eravamo noi, assonnati e quasi obbligati, ad ascoltare gli ospiti esterni in quell’aula magna. L’altro giorno gli ospiti eravamo noi.
Mentre Teo parlava, pensavo: dev’essere orgoglioso di sé. Io son sempre stata un cavallo di razza: la classica secchiona sulla quale le aspettative erano alte e non ne ha disattesa alcuna. Mentre lui era il cavallo mediocre, già zoppo in partenza, sul quale nessuno avrebbe puntato un soldo bucato. Eppure è riuscito ad arrivare più in alto di tutti.
Mentre ci ragiono, mi alzo a fare qualche foto e la bidella mi chiama: soprappensiero, mi avvicino. “Francesca!”, un abbraccio forte mi investe. La mia prof di italiano. È lei, ha solo qualche capello bianco in più.
“Francesca, la Favotto”. “Prof, ma si ricorda di me?”. “Come fare a dimenticarti? Eri la migliore. Ti trovo donna“. “Be’, meno male che mi trova donna…”, provo a dissimulare l’imbarazzo. “No, nel senso che non sei una ragazzina come tante ancora alla tua età. Sei una donna matura, felice. E sei bellissima”.
Ho sempre volato altissimo, là dove tutti si aspettavano che volassi. Ma avrei potuto anche cadere, dopo anni a certe quote: perdere la bussola, stancarmi, lasciarmi andare. E invece, son riuscita anche a evolvermi, mentre volavo.
“Grazie Prof”. La abbraccio di nuovo e torno a fare foto. Ho un carattere da leonessa, ma spesso ho bisogno di iniezioni di autostima. Oggi ho capito che anch’io posso essere fiera di me.
No Comment