Due sono i giorni per me intoccabili: il Natale e il Venerdì Santo. Il primo per la gioia, il secondo per il dolore, due facce della stessa medaglia chiamata vita.
Nel Venerdì Santo si partecipa al cammino di dolore di Cristo, dalla flagellazione alla crocifissione. È un momento intenso, che da qualche anno è diventato sempre più mio. Mentre Teo se n’è allontanato per il troppo dolore, io invece ho voluto guardarlo dritto in faccia.
Non potendo immedesimarmi nei patimenti di Cristo, ho però sempre fin troppo bene compreso cosa può voler significare rimanere lì, inermi, ai piedi della croce a veder soffrire chi ami, senza poter fare nulla se non amarlo ancora di più.
Un’immobilità che non significa resa, ma coraggio, perché ci vuole fegato a rimanere accanto a chi si ama fino alla fine. Ecco, in questi giorni di prova a tanti è stato negato anche questo ultimo immenso atto d’amore.
Oggi, durante la celebrazione della Passione di Cristo, mi sono inginocchiata davanti al Crocefisso sullo schermo e ho pregato: per le anime a cui è stato negato l’estremo conforto, per i loro cari a cui è stato negato di star loro vicino e un po’ anche per me. Perché peggio del dover rimanere sotto la croce vi sarebbe solo non poter arrivarci insieme.

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