“Dai, Ely, non fare la scema!”. Sberla. “Non si dicono le parolacce”. “Perchè, mamma?”. “Perchè devi dare l’esempio a tua sorella”. “Esempio cosa vuol dire?“. “Che devi comportarti bene”. “E tu le dici, mamma, le parolacce?”. “Cerco di no”.
Di parolacce sotto i ponti ne sono passate tante da allora: io continuo tuttora e imperterrita e anche mia madre le dice. Non ha funzionato l’insegnamento? Probabilmente qualche sberla in meno (ai tempi non era reato se i genitori o gli educatori te le davano) e qualche parolaccia in meno detta dai miei genitori avrebbero aiutato, ma non è questo il punto. Il punto è: che fatica essere d’esempio. Significa certo comportarsi bene, questo è quello che ti insegnano da piccola, ma oggi più che mai per me significa: fare, essere quello che si dice o che si pensa.
Insegnare è la cosa più difficile di questo mondo: significa essere preparati su una certa materia, averne fatto esperienza, aver imparato a propria volta la lezione, e poi trasmetterla, essendo pronti a continuare a imparare, perchè ogni lezione è un imprevisto e non sai mai chi potrebbe metterti alla prova. Si dice che chi non sa insegna: spesso con l’accezione cattivella che vuole sottolineare come chi siede dietro alla cattedra sia un incompetente; io invece dico che è vero perchè ogni volta è un mettersi alla prova, un mettersi a nudo, un rivelare anche le proprie lacune e cercare di colmarle con il confronto.
Insegnare una materia è difficile… e con l’amore come la mettiamo? Nessuno sa di preciso cosa sia nè come lo si può sperimentare, eppure dicono che devono essere gli altri a ravvederlo in te. “Va che occhi a cuoricino… sei innamorata!”, “Certo che io davvero non so come fate ad affrontare tutto questo: siete davvero innamorati!”: ultimamente queste sono alcune delle frasi che ho sentito pronunciare di più nei miei confronti. Queste, insieme a “Finchè ci siete voi due, c’è speranza!”, “Voi siete l’amore, incarnate l’essenza del matrimonio”, “Grazie per l’esempio d’amicizia e d’amore che date” e numerose altre.
Frasi che sono arrivate nonostante l’ultimo periodo sia stato uno dei più duri: l’ennesima diagnosi, l’ennesima cura da intraprendere, gli ennesimi sacrifici hanno messo a dura prova la capacità di intravedere un possibile futuro per noi, una serena vita insieme. I sorrisi hanno lasciato più spazio ai rimbrotti, ai litigi, alle discussioni, agli allontanamenti. Eppure… proprio in quel periodo in cui mi sembrava ci amassimo di meno, le persone ci dicevano che ci amavamo di più. Com’era possibile?
Proprio in quel periodo fatto di tensioni eravamo un esempio: una lusinga, certo, ma anche molta paura, perchè comporta una bella responsabilità. Poi la risposta è arrivata da sè: come puoi insegnare che le difficoltà si affrontano meglio in due, che l’amore vince sempre e su tutto e che non bisogna mollare mai? Semplicemente facendolo. In quei momenti non ci siamo chiesti cosa fosse più giusto fare, l’abbiamo fatto, nonostante il peso nel cuore. Non avevamo gli occhi a cuore a ricordarci che ci amavamo, ma ci amavamo e questo bastava. E con questo non intendo che l’amore basta a risolvere le cose, ma è di sicuro il motore che ti fa andare avanti, che ti fa scegliere il sacrificio al posto della fuga, il rimanere piuttosto che andare.
Perciò, SeDici che vuoi insegnare qualcosa, dai l’esempio, metti in pratica le tue convinzioni, i tuoi ideali. Smettila di aprire la bocca e datti da fare, “sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Tra l’essere un ciarlatano e un esempio il passo è molto breve: sta a te guadagnarti la fiducia e la credibilità del prossimo. Ma attenzione: la difficoltà è estrema, sappiamo tutti che tra il dire e il fare c’è di mezzo altrochè il mare, un oceano. Ma ne vale la pena se poi puoi guardarti ancora negli occhi e dirti: “Io non mi sono tradito. Mai”.
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