Ci ho provato, ci provo continuamente, a cercare di dare un senso a tutto questo dolore, a questa sofferenza, intendo. Ci sono giorni in cui sono scorata, in cui vederlo soffrire, in preda agli spasmi nervosi che i farmaci gli provocano, mi fa sentire impotente, inutile e allora “il coraggio di vivere, quello ancora non c’è”. Altri, invece, in cui il quadro è nitido, chiaro, senza sbavature, in cui riesco a intravedere un senso a tutto questo, in cui riesco a capire a cosa può servire tutto questo dolore.
Sono i giorni in cui, grazie a un video girato in ospedale e a uno status scritto, così, di getto, dei ragazzi e ragazze come te, come lui, trovano il coraggio di aprire il cuore e di parlare della loro situazione, di una situazione che li fa soffrire. Sono i giorni in cui ricevi decine e decine di messaggi da parte di persone che non vi conoscono, eppure vogliono partecipare attivamente, vogliono farsi vicini, vogliono esserci, senza tirarsi indietro. Sono i giorni in cui tu A. mi scrivi in privato, chiedendomi di vederci per un caffè, di modo da scambiarci le preoccupazioni, riguardo la malattia dei nostri consorti; in cui tu F. mi confessi: “Ora siete nelle mie preghiere insieme a mia sorella e una mia amica, io che sono una che non ha mai creduto, ma che ha appena iniziato a credere nei miracoli”; in cui tu E. mi scrivi: “Vedere, anche da lontano, una donna che resta così vicina alla sua metà senza perdersi, scoraggiarsi o scappare è un grande esempio… molto di più di tante che giurano amore eterno davanti a Dio, con grandi feste e poi scappano davanti a cose molto più semplici”; in cui tu G. scrivi una poesia per noi e poi la pubblichi sul tuo profilo; in cui tu I. mi incoraggi a non mollare mai, perché sai che sopravvivere si può, essendoci passata in prima persona; in cui tu F. ci dedichi l’editoriale della tua rivista, invitandoci a non smettere mai di combattere; in cui tu A. mi confidi che anche a tuo marito è successa la stessa identica cosa, poco tempo dopo esservi giurato amore eterno, e allora mi stringi forte, anche se distante mille km. Ci sono giorni in cui gli amici, vicini e lontani, vogliono farsi presenza anche solo con una chiamata o un sms; in cui chi ti vuole bene, ti coccola portandoti il tiramisù fatto in casa o le lasagne al pesto che avevi richiesto.
Ci sono giorni in cui capisco che tutto questo dolore ha un senso, se sta unendo centinaia di persone in tutta Italia, se sta spronando persone chiuse in se stesse a uscire allo scoperto e a liberare il cuore da un fardello, se sta spingendo di nuovo le persone a credere in qualcuno, in qualcosa, o a essere semplicemente migliori.
Ho imparato che SeDici di volere speranza, di averne bisogno come l’ossigeno, allora devi imparare a essere speranza: non sentirti solo mai, perché la tua storia è la storia di tanti altri e può essere un motivo per andare avanti, per continuare a combattere; non vergognarti mai di ciò che sei adesso, di come la malattia ti trasforma, perché non è altro che una piccola tappa verso la persona che diventerai; non lamentarti mai, ma che la tua sopportazione diventi un esempio per chi ti circonda. E affronta tutto con il sorriso, che è la migliore cura per ogni malanno.
Non c’è altro modo: se vuoi speranza, devi essere speranza. Stringiamoci tutti uniti, forte forte, in un unico abbraccio, “che nessuna notte è infinita”. E tutti insieme, aspettiamo che il sole torni a sorgere.

Non riesco a trovare una parola che sia una. Non riesco a dare una voce al mio stupore. Sono agghiacciata di fronte alla tua forza. Alla capacità di continuare a trovare la parola che segua la precedente, il passo che si infili dietro a quello già fatto. Sei una leonessa. Io non posso che ringraziarti
Grazie a te per le parole profonde, fa immenso piacere sapere di non essere da soli a lottare. Grazie.