Siamo a questo mondo da abbastanza anni per aver capito che alla felicità sta contrapposto in maniera uguale se non maggiore il dolore. Ogni volta che le cose vanno bene, abbiamo paura che la ruota giri e con essa arrivino le batoste. Ma il dolore non si può evitare. Fa parte della nostra vita, continuamente, incessantemente. Ci ricorda che non possiamo programmare tutto, che non siamo infallibili, che siamo umani. Ci mette continuamente alla prova per vedere quanto siamo forti, quanto vogliamo qualcosa, quanto teniamo a noi stessi e a chi ci circonda. Il dolore è parte integrante della vita perché ha sempre qualcosa da insegnarci, anche quando sembra ci voglia solo castigare. E allora impariamo a trasformarlo in una lezione da assimilare, a trarne il buono anche quando sembra che non ci sia. Perché come titola il romanzo di Peter Cameron, “Un giorno questo dolore ti sarà utile”.
C’è chi prova a tenersi dentro tutto per sé, ma non è sano, perché tentare di nasconderlo o di far finta che non sia mai successo nulla sarà ancora più deleterio e devastante. Il dolore è una forza prorompente che ci costringe a guardarci in faccia, a fare bilanci, a capire cosa vogliamo e dove vogliamo andare. C’è chi invece lo sfoga fisicamente: ballando e urlando nel silenzio della propria camera, tirando qualche pugno al sacco appeso al soffitto, andando fuori a correre finché non è sfinito. Tutto va bene, l’importante è che questo non aiuti a spegnere il cervello, ma anzi ad accenderlo affinché elabori il lutto e il dolore si trasformi in qualcosa di buono.
Proviamo con questo semplice esercizio: prepariamoci un bel bagno caldo, con tanto di musica di sottofondo e di candele profumate, e immergiamoci. Ripensiamo al dolore che abbiamo provato ultimamente, mettiamolo a fuoco e cerchiamo di capire da cosa deriva. Poi, buttiamolo fuori tutto, urlando o piangendo. Una volta finito il bagno, mettiamo nero su bianco tutte le sensazioni provate, le emozioni. Ripieghiamo il foglietto e affidiamolo a un corso d’acqua, che sia un canale, un fiume o un ruscello di campagna. L’acqua lo porterà via, insieme al nostro dolore. Per sempre. E noi potremo rinascere come persone nuove, finalmente liberate e pronte a ricominciare a vivere, consapevoli però che il dolore è sempre lì in agguato, ma ora capaci di affrontarlo e trasformarlo a nostro vantaggio.
(Esercizio liberamente ispirato al libro “Esercizi di felicità” di Monica Amarini Colosimo)
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