Basta. Son stufa. Non voglio più essere ‘farabuttata’, mai più. No, niente a che fare con disonesti o farabutti, nel vero senso della parola. Solo un termine nuovo, inesistente, coniato da una coppia che si diverte quando sono insieme, che stanno bene, fin troppo. Se esistesse un dizionario delle parole inventate, lo trovereste di sicuro, con accanto questa definizione: Farabuttare = azione del mandare a casa nel cuore della notte il proprio/la propria fidanzato/a, costringendolo alle rigide temperature invernali o all’afa estiva. Il primo esempio di uomo ‘farabuttato’ fu Luca, un nostro amico, che stanco di staccarsi dalla morosa e di affrontare il viaggio in macchina ogni sera, decise di chiederla in sposa, per mettere fine a quest’epopea. Dalla storpiatura del suo cognome, venne coniato il termine in esame.
Ecco, sì. Reciterebbe più o meno così. Solo che in quel caso, come nelle migliori tradizioni, il farabuttato era sempre l’uomo, che per amore della bella, affrotava ogni tipo di intemperie. In questo caso, invece, sono io. Considerato che lui è figlio unico, casa sua è il triplo della mia e offre maggiori spazi di intimità, e che a casa mia non ci si può stare, senza che qualcuno non venga a interromperti o possa sentire quello che dici da una stanza all’altra, in questi anni è successo spessissimo che fossi io a raggiungerlo, piuttosto che il contrario. Casa sua è proprio il posto in cui io mi sento a casa. Non so dire perché, se per il camino che d’inverno fa tanto famiglia; per la veranda con tanto di amaca, che d’estate fa tanto famiglia; se per Buzz, il nostro cagnolone, che appena arrivo mi riempie di coccole, o semplicemente per il fatto che ci sia lui, che rende tutto perfetto. A casa sua posso fare tutte le cose che ho sempre voluto fare e che mai ho potuto: guardare la tv in camera e addormentarmi abbracciata a lui, prendere il sole in giardino con in sottofondo il rumore dell’acqua scrosciante delle rogge nei campi, scrivere al computer senza essere interrotta ogni cinque secondi, guardare le mie serie tv preferite su Sky, stare insieme a lui tutto il giorno a parlare di tutto e niente, a fare progetti, a disegnare il futuro. Ma poi, quando cala la sera, ecco arrivare il momento più doloroso, quello in cui so che devo separarmi da lui e da tutto questo, il momento in cui lui mi sveglia (se sto dormendo) e mi sussurra: “Amore, devi andare a casa”. Cinque parole, una lama nel cuore. Perché quando si sta bene con una persona, così bene che il tempo vola, non si vorrebbe mai separarsene. Ogni sera è la stessa scena: io che raccolgo le mie cose, che mi dirigo verso il cancelletto, lui che mi bacia gli occhi, io che gli dico: “Quando finirà? Quando non dovrai più farabuttarmi?”, e lui: “Presto, prestissimo” e io che in auto, accompagnata dalle note della radio di turno, verso la mia lacrima quotidiana.
Sappiamo entrambi che non è colpa nostra, che stiamo lavorando duro per il nostro futuro. Ma questo domani sembra non arrivare mai. Un domani semplice, fatto di cose come queste, in cui potrò addormentarmi finalmente tra le braccia sue e risvegliarmi, aprire gli occhi e ritrovarmelo ancora lì, dove l’avevo lasciato la sera prima.
So che questo momento arriverà… nel frattempo, mi risveglio tutti i giorni con il sorriso sulle labbra, nell’attesa di vederlo e vivere con lui la nostra semplice quotidianità, senza pensare al dopo o al momento in cui lui mi ‘farabutterà’. Centellino la felicità e imparo a gustarmi ogni singolo istante che la vita ci dona di passare insieme. Perché so che ogni sera dovrò essere più forte della tristezza che prenderà il sopravvento e so che quella gioia dovrà bastarmi per andare avanti fino al momento in cui lo rivedrò di nuovo, finalmente.
Ti auguro di coronare presto il tuo sogno e di fare tesoro di questi sacrifici! Io non amo l’idea di condividere l’intimità degli spazi durante il fidanzamento. Infatti mi peserebbe la convivenza pre matrimoniale perché non fungerebbe da rottura con le vecchie abitudini. Mi farabutto volentieri in questo caso! Un giorno si arriverà all’altare e ci dobbiamo arrivare proprio con quella voglia di cui parli! Il matrimonio ha qualche speranza in più di sopravvivere alle varie prove della vita solo se nell’uomo o nella donna che sposi riesci a vedere il maschio o la femmina fin da subito e coltivi quel desiderio che servirà a fare da collante nella coppia che diventando famiglia rischierebbe di perdersi nel gioco dei ruoli! Se mi sento desiderata ho la certezza di non essere confusa con un’amica, con la madre o con la sorella del mio lui. Il desiderio ci rende una coppia e mi basta questo per accettare la proposta di matrimonio del mio “principe”! Oggi questi due termini – maschio e femmina- sono desueti e parliamo tutti di uomo o donna . Anch’io lo faccio ma conservo una certa malizia, tanto per far luce sui sentimenti ed essere sicura di amare con passione oltre che con tenerezza e affetto… è importante condividere il tempo e gli spazi, avere valori e progetti comuni, stima, affetto e tutto il resto! Per carità, io sono la prima a pensarlo e a ponderare! Quanto ci desideriamo oltre le apparenze e gli agi? Penso a chi sceglie la vita militare e a tutte quelle donne che riescono a fare famiglia quando l’uomo che amano è in missione o lontano per giorni e giorni. Un uomo che deve lasciare la sua donna ci riesce solo perché conosce intimamente la sua devozione e il suo trasporto. Io la vedo così!