Questa settimana abbiamo imparato una parola inglese nuova: choosy, ovvero schizzinoso. Lo schizzinoso è di solito colui a cui non piace nulla, a cui fa schifo tutto, che non si accontenta mai, un po’ pretenzioso e lamentoso.
Io da piccola ero schizzinosa all’ennesima potenza. Non mangiavo mai due cose nello stesso piatto, oppure non volevo che mi venisse servito il secondo se il piatto era sporco di sugo o altro. Ricordo che quando mia madre cambiava il pannolone a mia sorella, mi ripromettevo ogni volta che io mai e poi mai da grande lo avrei fatto. Lo stesso pensavo quando vedevo sempre mia madre lavare e cambiare mio nonno allettato. Poi crescendo, la trasformazione è stata lenta e graduale ma significativa: poco a poco, dovendomi prendere cura io della mia sorellina e merito sicuramente anche dell’inevitabile processo di maturazione, ho perso alcune delle mie fastidiose abitudini e ho cambiato idea riguardo a certe situazioni, ragionando che se la vita ti pone davanti a certe cose, bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare, anche se è spiacevole, anche se fa schifo.
Una cosa non è mai cambiata: l’essere schizzinosa nei miei confronti. Tutto quello che faccio, dev’essere sempre (quasi) impeccabile, almeno frutto del massimo impegno e ricco di passione. Sono intransigente nei miei confronti: se so che posso dare di più, mi obbligo a fare di più. Quasi mai sono soddisfatta dei miei risultati, ma nel tempo devo ammettere che sono stata brava: una carriera scolastica brillante, il massimo dei voti in tutti gli esami, dalle elementari sino alla laurea e al master, sempre sui libri, non per dovere, ma per scelta, convinta che solo la cultura e la conoscenza ti possano rendere soggetto pensante, quindi libero.
Per mantenermi agli studi e non gravare troppo sulle spalle dei miei, ho cominciato a lavorare a 17 anni: dapprima come allenatrice, mettendo a frutto anni e anni di pallavolo, poi in un Comune ai Servizi Sociali, un settore davvero difficoltoso, che ti dà molto, ma ti toglie anche molto sul piano umano e delle emozioni. Lì hai a che fare con personalità difficili, casi umani al limite della follia, gente disperata che ha perso tutto e ti chiede una mano… e tu sei la loro unica speranza. Nel mentre, ho lavorato anche con i bambini nelle scuole: facili da gestire a parole, ma estremamente complicati e fragili nelle loro realtà familiari e psicologiche.
Nel frattempo, tutta concentrata sul mio percorso di studi, maturavo il mio sogno di sempre: diventare giornalista, raccontare ciò che accade, sempre secondo la verità, incantare il mondo con il potere delle parole. Un amico si lancia e fonda una testata locale, io non perdo l’occasione e mi fiondo a propormi per lavorare per lui. Lì ha inizio la storia più bella di tutte: con sacrifici e dedizione, riesco a ottenere il tesserino da giornalista pubblicista. Negli anni, la grande occasione sembrava non arrivare mai, ma ecco che sfogliando una delle mie riviste preferite, mi si para davanti: borsa di studio per un Master in Giornalismo e Comunicazione di Moda. “E’ lui! Lo sento!”. Provo l’esame di ammissione e… su 200 candidati, riesco a vincere una delle quattro borse di studio in palio! Vado su e giù in aereo tra Roma e Milano per mesi, fino alla prova finale, da cui esco con il massimo.
Il Master mi dà la possibilità finalmente di realizzare il mio sogno: entrare nella casa editrice più ambita e nella redazione di una delle riviste più lette in Italia! Sembra fatta, forse ci siamo! Ma intanto la crisi incombe, di soldi ce ne sono sempre meno, le fabbriche e le aziende chiudono, la gente viene lasciata a casa e chi ha un lavoro, seppur non a tempo indeterminato, deve ritenersi fortunato.
A tanto così dal sogno, dopo avercela fatta solo contando sull’aiuto delle mie forze e senza dover dire grazie a nessuno se non a me stessa, ho dovuto fare un passo indietro. Oggi sono occupata parzialmente, ovvero ho qualche collaborazione, ma non mi permette di arrivare alla fine del mese tranquilla o di fare progetti di vita. Continuo a mandare cv, in cerca di quel qualcuno che sia pronto a darmi fiducia e a investire seriamente su di me perché io mi sento una risorsa, non un peso sociale. E anche perché ho così tanto da vivere e da realizzare, che non voglio che il tempo mi scivoli tra le mani e io rimanga qui con un pugno di mosche. So bene che là fuori è pieno di gente che non ha voglia di mettersi in gioco o di fare la gavetta o di accettare questo o quel tipo di lavoro perché “Io mi sono laureato con 110 e lode!”, ma è anche vero che ce ne sono tanti come me, invece, che non chiedono altro che lavorare, di dimostrare quello che valgono, di essere ‘sfruttati’ per la loro creatività e il loro spirito di abnegazione, ma non più economicamente. Sono stufa di sentirmi dire: “Forse dovresti accontentarti, rinuncia ai tuoi sogni!”. No mai, per realizzarli sto accarezzando l’idea anche di andare all’estero, dove pare abbiano capito che la vera rivoluzione e la salvezza parte dai giovani. Ma mi secca moltissimo il fatto che debba abbandonare il Paese che amo di più al mondo, i miei affetti, le mie radici, perché qui le persone non ti rispondono alle mail, nemmeno per dirti ‘No grazie, il suo profilo non corrisponde ai requisiti’ o perché i nostri governanti non sono stati in grado di dare l’esempio per primi, di essere cittadini onesti.
‘Stay angry, stay choosy’ è il mio motto oggi, parafrasando il signor Mela: sono incazzata e schizzinosa nei confronti di uno Stato, di un governo e di un popolo, che poteva dare di più perché era nella posizione di poterlo fare. Oggi pretendo di più perché credo di meritare di più: merito la vita che desideravo da piccola, quando mi mettevo davanti allo specchio e fingevo di essere Lilli Gruber; merito un marito, un cane, qualche figlio, una bella casa e uno stipendio per realizzare tutto ciò. Merito qualcuno che mi meriti.
Io oggi sono tranquilla e con la coscienza a posto perché so di aver dato il massimo per realizzare i miei sogni e se sono stata capace di farlo, è perché sono stata ‘choosy’ con me stessa, non mi sono mai accontentata. Se sarà necessario, dopo averci tentato in tutte le maniere, tornerò a rimboccarmi le maniche come ho sempre fatto, tornerò a pulire culi, a soffiare nasi colanti, a gestire casi umani e problematici, perché non ho paura di sporcarmi le mani e non sono schizzinosa nella vita. Non più.
Lei, cara Elsa, può dire lo stesso?
ti rispetto un sacco per quello che hai scritto! continua così!!!!!!
Sicuramente no!
Che ne può sapere una come lei dei sacrifici che fanno i giovani e ancor di più i meno giovani che cercano o ricominciano a cercare un lavoro?
Quando non solo non arrivi a fine mese ma non neanche come arrivare a fine giornata?
Chi ha sempre avuto il piatto pronto non può certamente sapere (e capire) come si fa a metterlo a tavola!
bellissimo pezzo!!! complimenti!!!
Grazie a tutte, ragazze, che avete letto e commentato! Questo è stato uno sfogo, ma è uno stralcio della mia vita, una pagina vera di vita vissuta, uguale a quella di tante altre. Siamo in tanti là fuori, pronti a dimostrare che valiamo di più di quello che ci vogliono far credere. Uniamoci e facciamoci sentire allora! Un abbraccio a tutte voi!
Ma cosa ti fa scrivere che l’Italia e’ il paese che ami di piu’ al mondo ?
Forse il fatto che, nonostante tutto il letame da cui siamo sommersi, esistano ancora italiani e italiane per cui valga la pena restare.
Interessante teoria.
BRAVA!!!
Grazie mille Hortense! Un abbraccio