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ottobre 26, 2012

Stay angry, stay choosy

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Questa settimana abbiamo imparato una parola inglese nuova: choosy, ovvero schizzinoso. Lo schizzinoso è di solito colui a cui non piace nulla, a cui fa schifo tutto, che non si accontenta mai, un po’ pretenzioso e lamentoso.

Io da piccola ero schizzinosa all’ennesima potenza. Non mangiavo mai due cose nello stesso piatto, oppure non volevo che mi venisse servito il secondo se il piatto era sporco di sugo o altro. Ricordo che quando mia madre cambiava il pannolone a mia sorella, mi ripromettevo ogni volta che io mai e poi mai da grande lo avrei fatto. Lo stesso pensavo quando vedevo sempre mia madre lavare e cambiare mio nonno allettato. Poi crescendo, la trasformazione è stata lenta e graduale ma significativa: poco a poco, dovendomi prendere cura io della mia sorellina e merito sicuramente anche dell’inevitabile processo di maturazione, ho perso alcune delle mie fastidiose abitudini e ho cambiato idea riguardo a certe situazioni, ragionando che se la vita ti pone davanti a certe cose, bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare, anche se è spiacevole, anche se fa schifo.

Una cosa non è mai cambiata: l’essere schizzinosa nei miei confronti. Tutto quello che faccio, dev’essere sempre (quasi) impeccabile, almeno frutto del massimo impegno e ricco di passione. Sono intransigente nei miei confronti: se so che posso dare di più, mi obbligo a fare di più. Quasi mai sono soddisfatta dei miei risultati, ma nel tempo devo ammettere che sono stata brava: una carriera scolastica brillante, il massimo dei voti in tutti gli esami, dalle elementari sino alla laurea e al master, sempre sui libri, non per dovere, ma per scelta, convinta che solo la cultura e la conoscenza ti possano rendere soggetto pensante, quindi libero.

Per mantenermi agli studi e non gravare troppo sulle spalle dei miei, ho cominciato a lavorare a 17 anni: dapprima come allenatrice, mettendo a frutto anni e anni di pallavolo, poi in un Comune ai Servizi Sociali, un settore davvero difficoltoso, che ti dà molto, ma ti toglie anche molto sul piano umano e delle emozioni. Lì hai a che fare con personalità difficili, casi umani al limite della follia, gente disperata che ha perso tutto e ti chiede una mano… e tu sei la loro unica speranza. Nel mentre, ho lavorato anche con i bambini nelle scuole: facili da gestire a parole, ma estremamente complicati e fragili nelle loro realtà familiari e psicologiche.

Nel frattempo, tutta concentrata sul mio percorso di studi, maturavo il mio sogno di sempre: diventare giornalista, raccontare ciò che accade, sempre secondo la verità, incantare il mondo con il potere delle parole. Un amico si lancia e fonda una testata locale, io non perdo l’occasione e mi fiondo a propormi per lavorare per lui. Lì ha inizio la storia più bella di tutte: con sacrifici e dedizione, riesco a ottenere il tesserino da giornalista pubblicista. Negli anni, la grande occasione sembrava non arrivare mai, ma ecco che sfogliando una delle mie riviste preferite, mi si para davanti: borsa di studio per un Master in Giornalismo e Comunicazione di Moda. “E’ lui! Lo sento!”. Provo l’esame di ammissione e… su 200 candidati, riesco a vincere una delle quattro borse di studio in palio! Vado su e giù in aereo tra Roma e Milano per mesi, fino alla prova finale, da cui esco con il massimo.

Il Master mi dà la possibilità finalmente di realizzare il mio sogno: entrare nella casa editrice più ambita e nella redazione di una delle riviste più lette in Italia! Sembra fatta, forse ci siamo! Ma intanto la crisi incombe, di soldi ce ne sono sempre meno, le fabbriche e le aziende chiudono, la gente viene lasciata a casa e chi ha un lavoro, seppur non a tempo indeterminato, deve ritenersi fortunato.

A tanto così dal sogno, dopo avercela fatta solo contando sull’aiuto delle mie forze e senza dover dire grazie a nessuno se non a me stessa, ho dovuto fare un passo indietro. Oggi sono occupata parzialmente, ovvero ho qualche collaborazione, ma non mi permette di arrivare alla fine del mese tranquilla o di fare progetti di vita. Continuo a mandare cv, in cerca di quel qualcuno che sia pronto a darmi fiducia e a investire seriamente su di me perché io mi sento una risorsa, non un peso sociale. E anche perché ho così tanto da vivere e da realizzare, che non voglio che il tempo mi scivoli tra le mani e io rimanga qui con un pugno di mosche. So bene che là fuori è pieno di gente che non ha voglia di mettersi in gioco o di fare la gavetta o di accettare questo o quel tipo di lavoro perché “Io mi sono laureato con 110 e lode!”, ma è anche vero che ce ne sono tanti come me, invece, che non chiedono altro che lavorare, di dimostrare quello che valgono, di essere ‘sfruttati’ per la loro creatività e il loro spirito di abnegazione, ma non più economicamente. Sono stufa di sentirmi dire: “Forse dovresti accontentarti, rinuncia ai tuoi sogni!”. No mai, per realizzarli sto accarezzando l’idea anche di andare all’estero, dove pare abbiano capito che la vera rivoluzione e la salvezza parte dai giovani. Ma mi secca moltissimo il fatto che debba abbandonare il Paese che amo di più al mondo, i miei affetti, le mie radici, perché qui le persone non ti rispondono alle mail, nemmeno per dirti ‘No grazie, il suo profilo non corrisponde ai requisiti’ o perché i nostri governanti non sono stati in grado di dare l’esempio per primi, di essere cittadini onesti.

‘Stay angry, stay choosy’ è il mio motto oggi, parafrasando il signor Mela: sono incazzata e schizzinosa nei confronti di uno Stato, di un governo e di un popolo, che poteva dare di più perché era nella posizione di poterlo fare. Oggi pretendo di più perché credo di meritare di più: merito la vita che desideravo da piccola, quando mi mettevo davanti allo specchio e fingevo di essere Lilli Gruber; merito un marito, un cane, qualche figlio, una bella casa e uno stipendio per realizzare tutto ciò. Merito qualcuno che mi meriti.

Io oggi sono tranquilla e con la coscienza a posto perché so di aver dato il massimo per realizzare i miei sogni e se sono stata capace di farlo, è perché sono stata ‘choosy’ con me stessa, non mi sono mai accontentata. Se sarà necessario, dopo averci tentato in tutte le maniere, tornerò a rimboccarmi le maniche come ho sempre fatto, tornerò a pulire culi, a soffiare nasi colanti, a gestire casi umani e problematici, perché non ho paura di sporcarmi le mani e non sono schizzinosa nella vita. Non più.

Lei, cara Elsa, può dire lo stesso?

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by Francesca Favotto | 9 comments
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9 Comments

  1. pinkleopard says:

    ti rispetto un sacco per quello che hai scritto! continua così!!!!!!

    13 anni ago · Rispondi
  2. katwa says:

    Sicuramente no!
    Che ne può sapere una come lei dei sacrifici che fanno i giovani e ancor di più i meno giovani che cercano o ricominciano a cercare un lavoro?
    Quando non solo non arrivi a fine mese ma non neanche come arrivare a fine giornata?
    Chi ha sempre avuto il piatto pronto non può certamente sapere (e capire) come si fa a metterlo a tavola!

    13 anni ago · Rispondi
  3. Sara says:

    bellissimo pezzo!!! complimenti!!!

    13 anni ago · Rispondi
  4. Francesca Favotto says:

    Grazie a tutte, ragazze, che avete letto e commentato! Questo è stato uno sfogo, ma è uno stralcio della mia vita, una pagina vera di vita vissuta, uguale a quella di tante altre. Siamo in tanti là fuori, pronti a dimostrare che valiamo di più di quello che ci vogliono far credere. Uniamoci e facciamoci sentire allora! Un abbraccio a tutte voi!

    13 anni ago · Rispondi
  5. Filippo says:

    Ma cosa ti fa scrivere che l’Italia e’ il paese che ami di piu’ al mondo ?

    12 anni ago · Rispondi
    1. Hortense says:

      Forse il fatto che, nonostante tutto il letame da cui siamo sommersi, esistano ancora italiani e italiane per cui valga la pena restare.

      12 anni ago · Rispondi
      1. Filippo says:

        Interessante teoria.

        12 anni ago · Rispondi
  6. Hortense says:

    BRAVA!!!

    12 anni ago · Rispondi
    1. Francesca Favotto says:

      Grazie mille Hortense! Un abbraccio

      12 anni ago · Rispondi

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Chi sono

"...Non è Francesca", recita la canzone di Battisti. E invece sì, son proprio io.
Nasco a metà degli anni Ottanta, la settimana in cui i Dire Straits dominavano le classifiche mondiali con il loro successo ‘Money for nothing’, sotto il segno della Bilancia, ascendente Leone. Determinata e tenace, innamorata della vita e del bello, appassionata di musica fino al midollo (grazie ai Dire Straits nel mio trigono), sin da piccola preferisco i temi di italiano alle equazioni di algebra, inclinazione che mi porta a intraprendere studi a carattere umanistico. Linguista per necessità, ma giornalista per passione, ben presto scopro quant’è bello e divertente girare come una trottola in cerca di notizie. La serie tv ‘Sex and the city’ dà il colpo di grazia al mio destino: la vita di Carrie Bradshaw è troppo bella per non provare a realizzarla!

Un’insana passione per lo shopping unita alla curiosità per il fashion biz mi aiutano quindi a ‘masterizzarmi’ in Giornalismo di Moda, titolo che mi apre la strada in un settore pieno di sogni e di amore: quello del matrimonio! Fidanzata da quindici anni, cerco di apprendere più nozioni possibili sull’argomento, applicandole nella vita a due. A un rimpianto preferisco un rimorso, a un muso lungo un sorriso, al bicchiere mezzo vuoto sempre quello mezzo pieno, a una vita senza sogni per paura di non riuscire ad avverarli, ne preferisco una piena di cicatrici e sudore nel tentativo di esaudirli. Sognavo la vita di Carrie… e intanto non mi accorgevo che la mia è pure meglio.

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