Ed eccoci con una nuova puntata della nostra rubrica più seguita e letta: “Startup Mon Amour”, il viaggio alla scoperta di realtà innovative legate al mondo del wedding e delle donne in generale, ideato da #giovaniconlapiva. Oggi la nostra Carolina Casolo ci presenta ancora una volta una donna, una fotografa dallo sguardo speciale: Giulia Zingone. Pronti a scoprire chi è? Buona lettura!

Chi è Giulia Zingone? Presentati!: “Sono nata a Trieste, ho studiato a Milano, ho vissuto a Parigi e viaggiato tanto. La cosa più bella che posso dire di me stessa però è che sono la mamma di Carolina, la moglie di Davide, la figlia di mia madre e mio padre: con il loro modo di essere e il loro esempio, mi fanno desiderare di diventare una persona sempre migliore e, anche se a un primo sguardo non si vedono, loro sono in ogni mio scatto”.

Da quando hai iniziato a occuparti di fotografia nel mondo del wedding? Una passione da sempre?: “Sette anni fa, in seguito all’ultima delusione in azienda, ho rischiato ultime speranze e ultime finanze in un’intuizione. Sono sempre stata un’avida lettrice e ho sempre fantasticato sulle storie che anch’io avrei voluto raccontare attraverso qualche forma d’arte. Mi sono sempre incantata a sfogliare l’album di nozze dei miei genitori e custodisco ancora oggi gelosamente le foto che negli anni mio padre mi ha scattato, regalandomi un bagaglio personale e un senso di vissuto rassicuranti. Ho sempre ricercato il lato umano, intimo, inconsapevole di coloro che fotografavo da ragazza per la scuola o tra i miei amici. E in azienda ho sempre sofferto di non poter decidere io come e quanto ascoltare, seguire, coltivare il cliente, anche se l’avrei saputo fare e l’avrebbe meritato.

Così, una sera, sposata da poco e sfogliando il mio servizio di matrimonio piatto e lacunoso, improvvisamente dal niente ho avuto un flash: avrei dato a un’altra quello che non avevo avuto io; mi sarei occupata di persone vere nel giorno più delicato e personale delle loro vite; avrei assecondato il mio occhio attento ai dettagli e sensibile al bello; avrei creato immagini che sorprendessero, che restassero, che volta dopo volta si superassero. Ho iniziato a pubblicare le mie foto amatoriali su Facebook e siccome il miglior punto di partenza è quello in cui ti trovi… sono partita”.

Navigando sul tuo sito, ho trovato interessante il tuo parlare di “famiglia”, di “altri”. Cosa significano famiglia e l’altro per te?: “Per me la “famiglia” è la sensazione di appartenenza che, per definizione, essa ti dà: puoi trovarla nei tuoi legami di sangue, ma anche tra colleghi, compagni, vicini, in tutti quei contesti insomma in cui le persone che vi appartengono ti fanno sentire accolto, ascoltato, accettato. I legami significativi che nel corso della mia vita ho formato mi rendono particolarmente sensibile a riconoscere e interpretare quello che c’è tra persone che non ho mai visto prima del giorno del matrimonio e competente nel condensarlo in uno scatto che ne celebri il calore, la veracità, l’intimità.

È da queste persone, dal loro modo di essere, dalle relazioni di cui si circondano – in una parola, dagli “altri” – che imparo veramente qualcosa… anche su me stessa. In un mondo che ruota ossessivamente e noiosamente intorno a noi stessi e alla nostra immagine, creare valore per qualcun altro mi assicura che non ho sprecato l’opportunità di ammirare e decifrare il mondo che mi circonda, che mi sono resa utile, che quella sera congedandomi ho lasciato non solo una foto, ma un segno dietro di me”.

Come coniughi i tuoi scatti con i valori della tradizione italiana?: “Per me sono un tutt’uno ed è infatti con un ossimoro che amo definirmi la “nuova tradizione” della fotografia di matrimonio italiana. Vado fiera delle mie origini, di quel gusto ricercato, di quella passione per le cose ben fatte, di tutte quelle inebrianti esperienze e sensazioni che il mondo intero associa al nostro Paese e all’essere italiani. A motivo di questo orgoglio, il mio reportage non è mai semplice monografia sugli sposi e sul loro amore, ma anche e soprattutto fotografia sociale e di famiglia – ispirata nel modo al nostro straordinario patrimonio culturale e nel soggetto all’istituzione che dell’Italia è la colonna portante”.

Cos’è oggi la fotografia di matrimonio per te?: “Espressione di quello che due persone sono in un momento di svolta delle proprie vite, dei loro gusti personali, degli affetti cui tengono e delle amicizie che desiderano vicine quel giorno, la fotografia di matrimonio per me, da kitsch-folkloristica qual era vista in passato, oggi ha un’enorme potenzialità. Se ideato con passione ed eseguito con cura, al giorno d’oggi un servizio fotografico di matrimonio può restituire agli sposi non solo il ricordo dell’unico evento in cui ormai si condensano gli investimenti economici, emotivi, relazionali di due famiglie, ma anche la consapevolezza di tutti i piccoli grandi momenti che, nel tentativo di stare un po’ con tutti e di fatto davvero con nessuno, quel giorno essi si erano persi.

Ecco dunque che quelle foto, arrivando nelle case e nelle famiglie e sorprendendo, commuovendo, invitando a riflettere, acquisiscono il potere di dar loro argomenti nuovi, di scoprirsi ancor più vicini di quanto pensassero, di trasformarne così le relazioni e quindi, potenzialmente… di cambiare il mondo”.

Cosa sta succedendo al mercato di riferimento? Pensi che la fotografia di matrimonio stia risentendo delle modificazioni dell’economia?: “Più che della congiuntura economica, credo che la fotografia in generale risenta dell’assenza di una regolamentazione del settore e di barriere tecnologiche ed economiche all’entrata molto basse o inesistenti. Preoccupati di dover coniugare la spesa per il fotografo con tutte le altre voci di costo delle nozze, talvolta gli sposi ingenuamente si affidano a un parente o amico “con una bella fotocamera”, senza tener conto che costui, considerandosi comunque un invitato e non vivendo di quel lavoro, non avrà alcun vincolo, motivazione, capacità per catturare con sapienza i mille piccoli momenti significativi e affrontare con esperienza i mille imprevisti potenzialmente irreparabili della giornata, per non parlare delle occasioni che perderà e dei rischi che correrà (e che in fondo perderanno e correranno gli sposi), per il fatto di non avere visione d’insieme, missione, messaggio, padronanza della luce, attrezzatura sostitutiva e tutto quanto faticosamente un professionista costruisce e accumula negli anni.

Forse quegli stessi sposi non verrebbero comunque da me e a me il loro amico improvvisatosi fotografo non sottrae nulla, perché non avrebbero comunque investito in fotografia d’autore. Ma la delusione cocente cui loro e molti altri così facendo vanno incontro, e la diffidenza ed esitazione a investire che vanno diffondendosi grazie a questo malcostume, si ripercuote su tutti noi come categoria”.

Specializzarsi nel genere fotografico all’interno della fotografia di matrimonio, sei d’accordo? Se sì, qual è il tuo?: “Le professioni che ruotano intorno al wedding sono piuttosto inflazionate, quindi sono d’accordo con la strategia di proporre uno stile e una visione definiti e distintivi purché questo non si traduca nella pigra riedizione di trend visti e stravisti. Purtroppo in Italia vedo che funziona così: se qualcosa “va”, di corsa tutti dietro a replicare la formula “temporaneamente” vincente. Va il genere “reportage di guerra” e tutti a scattare a 24 millimetri, pieni di dettagli e confusione. Va il genere “elopement” e tutti a posizionare gli sposi in cima all’ennesimo vulcano islandese col risultato che sembrano tutti uguali. Va il genere “editorial” e tutti a disporre belle statuine in pose che non appartengono loro, che non sottolineano la loro unicità, che hanno il solo scopo di allinearsi a qualche indecifrabile algoritmo dei social.

E il “mio” genere, invece? Il mio genere sono io. Il mio genere esula dalle mode e si sottrae alle logiche di follower count perché, in un settore inflazionato in cui è difficile far sentire la propria voce, l’unica cosa che può rendermi diversa dagli altri e quindi unica è scattare come me stessa, e l’unico scatto che non ha prezzo è quello creato ogni volta diverso, come diversa è ogni coppia usando il mio intuito e la mia percezione di loro. Ho perso qualche cliente per il fatto di non uniformarmi a una certa moda? Di sicuro. Ma dei clienti che proprio per quel motivo mi hanno confermata, non ce n’è stato uno che non sia stato contento”.

Come ti sei organizzata per poter affrontare il percorso burocratico amministrativo che ti ha portato alla messa in regola definitiva della tua passione, rendendola la tua prima attività a tutti gli effetti?: “Ho dato un taglio netto con il mio lavoro in azienda ben prima di partire perché avevo bisogno di qualche mese di “vuoto creativo” per intraprendere la mia nuova strada – quindi non sono mai stata doppiolavorista ed ero in regola dal primissimo shooting, propostomi da un conoscente cui piacevano le foto amatoriali che pubblicavo sul mio profilo Facebook. Da quel matrimonio le prenotazioni sono fioccate e ho avuto un po’ di tempo per rivolgermi a un commercialista e individuare il profilo di più semplice ed economica gestione, che mi consentisse di operare non più come prestatrice occasionale ma come professionista a tutti gli effetti.
Con una laurea in economia in tasca e dieci anni di azienda alle spalle, avevo familiarità con le problematiche relative al lancio di un prodotto e alla gestione di un business e ciò mi ha consentito di dialogare sullo stesso piano del consulente. Nel mio caso i dilemmi più opprimenti riguardavano piuttosto l’assegnazione di priorità alle tante scelte e ai tanti investimenti necessari: dall’attrezzatura mancante al packaging, al logo, al sito, al networking con location e organizzatori d’eventi e così via. Guidavo un’ora ad andare e un’ora a tornare dal noleggio fuori Milano che mi faceva il prezzo migliore su qualche ottica che ancora non potevo comprarmi e riflettevo, mi preoccupavo, facevo strategia, fantasticavo. Uno straordinario periodo di creatività in condizioni d’incertezza e d’incoscienza”.

È stato difficile trovare professionisti che conoscano il tuo settore?: “Più che conoscerlo, sarebbe stato importante che avessero avuto voglia di farlo. In Italia manca la cultura d’interessarsi davvero al cliente, di raccogliere la sfida a imparare qualcosa di nuovo, di percorrere quell’extra mile che ci consente di fare la differenza in come svolgiamo il nostro lavoro. Si lavora per tariffe e non per risultati e, ahime, il maschilismo dilaga nei confronti delle donne imprenditrici spesso liquidate paternalisticamente.
Pretendo molto dagli altri quando sono cliente così come da me stessa quando sono fornitore e in quasi otto anni ho cambiato tre commercialisti perché non riuscivo a trovare quello che avesse voglia di ampliare le proprie competenze e tanto meno quello che avesse avuto l’arguzia e l’audacia di specializzare la propria professionalità. Alla fine sono stata ricompensata dall’incontro con la mia attuale consulente, Carolina Casolo, contattata per una pratica INPS e subito dimostratasi competente, all’altezza della situazione, curiosa, empatica. Io pretendo da lei, ma lei… lei pretende per me. So che aggiungerà valore e significato a quello che sto costruendo”.

Ora ci rileggiamo tra una settimana: che realtà ci farà scoprire questa volta la nostra Carolina? Stay tuned e lo scopriremo presto!
Chi è Carolina: Carolina Casolo, ovvero #carolinaconsulente, è una consulente un po’ atipica, che ama poter assistere aziende o persone fisiche che iniziano una propria attività seguendo un sogno, fornendo punti di vista differenti e trovando soluzioni innovative per rispondere alle sempre più particolari esigenze dei clienti. Ecco da dove è nato il suo interesse per il settore del wedding e in particolare per le startup. È la founder di #giovaniconlapiva, la società di servizi e consulenze dedicata ai giovani under 35 che si approcciano al lavoro autonomo.
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