Rido. Canto e ballo in macchina, alzo gli occhi al cielo e li strizzo per godermi appieno i timidi raggi di sole invernali, saltello dandogli la mano, uscendo dall’ospedale. Rido. E le persone mi prendono per pazza. Sia chi non mi conosce che chi sì. I primi perché in questa società tendente al lamento continuo e all’autocommiserazione, una che ride sarà una dissociata; i secondi perché con tutti i problemi e i pensieri che ha, cazzo c’avrà mai da ridere?
Ebbene, vi racconto una storia: la conoscete la vita di una farfalla? Uno degli insetti più belli, forse l’unico, che da bruco poi diventa crisalide, un periodo di incubazione necessario per infine dispiegare le ali e provare a dare il meglio nel tempo che le resta da lì all’eternità. Sì, perché le farfalle non durano moltissimo: alcune pochi mesi, altre pochi giorni, qualcuna solo poche ore. E in quel breve tempo non hanno modo di fare progetti, vivono, vivono forte, vivono e basta. Il grande poeta e filosofo indiano Tagore disse una volta: “La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo il suo breve tempo le basta”.
Ecco, tra meno di un mese sapremo se la chemio sta facendo effetto oppure no, se le cure stanno funzionando, se tutto questo dolore e questa sofferenza stanno servendo a qualcosa. Non sarà una sentenza definitiva, ma sarà comunque un verdetto importante per capire la direzione da prendere da lì in poi. Al momento non possiamo permetterci di fare programmi né progetti a lungo termine, non osiamo nemmeno contare gli anni perché fa paura, ci limitiamo a vivere, a vivere forte, a vivere e basta.
L’altro giorno, qualcuno vedendomi felice mi ha chiesto: “Belle notizie?”, credendo ci fossero buoni sviluppi riguardo la malattia. Io semplicemente ho risposto: “No, per adesso la bella notizia è il sorriso che mi regala ogni giorno, bello come il cielo di primavera. Continuiamo a contare gli istanti, come le farfalle”. E per questo a ridere e a saltellare sui marciapiedi. Senza un vero perché.

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