Voi lo sapete che cos’è l’amore? Lasciate che vi racconti una storia. Oggi, metà pomeriggio. Suonano alla porta. È il corriere. È un pacco per Teo. Non mi aveva detto nulla, ma non è così insolito: ogni tanto fa acquisti compulsivi online. Lo ritiro e lo avviso. “Guarda che è arrivato un pacco per te”. “Aprilo”, mi scrive. Ok, penso tra me e me, magari vuole solo vedere se è l’articolo giusto. Non appena lo apro, scopro con grande sorpresa che era un pensiero per me: era da tanto che dovevo rifornire i biglietti da visita, ma non era mai in cima alle mie priorità. Be’, ci ha pensato lui, ridisegnandolo anche nel concept. Ecco, credo che l’amore sia questo: arrivare dove l’altro non arriva, facendogli sentire il nostro amore quando non siamo presenti. Condito da un: “Sono felice quando sei felice”. La ciliegina sulla torta.…
Tag Of grazie
Il giallo è una scelta
Questa foto è nata così, senza un perché. Forse come tutte le cose migliori. Era da un po’ che ammiravo quei campi di colza, era da un po’ che avevo voglia di immergermi in tutto quel giallo. Ne avevo bisogno. Oggi ho sentito che era il momento giusto. Di strada per andare a yoga, ho inchiodato sul ciglio della carreggiata e mi sono tuffata in quel mare, facendomi baciare dal sole del tramonto. Mi sono sentita in pace, benedetta perché consapevole di essere al posto giusto, nel momento giusto. C’è stato tanto giallo nella mia vita, nonostante il cielo grigio. Ma ho lottato per questo. Il giallo è una scelta. Brava me.…
Il senso della vita
La cosa che tutti notano e che salta di più all’occhio durante le presentazioni di Teo è il suo sorriso, caldo, onnipresente e insolito. L’altro giorno durante la presentazione a Verona la nostra amica Marianna gli ha ricordato una cosa che gli dissi io qualche tempo fa: “Tu ti sei salvato così tante volte che nemmeno te ne rendi conto”. Lui si è emozionato, poi ha proseguito: “Anni fa, a un corso di scrittura creativa, la prof ci raccontò di uno scrittore fallito, che non aveva venduto nemmeno una copia del suo romanzo. Lui però era felice perché quel romanzo piaceva a sua moglie. Ebbene, tutti i miei compagni di corso, compresa la prof, schernivano quello scrittore, ma io mi sentivo l’unico dalla sua parte, l’unico in grado di capirlo, perché anche io come lui faccio tutto per la donna che amo: se piace a lei ciò che faccio, io sono felice e appagato“. Poi, mi ha guardato e ha…
Fame di grazie
Ho cominciato all’università, quando con i primi lavoretti iniziavo ad avere un po’ di indipendenza economica. A ogni esame andato bene mi regalavo qualcosa, non aveva importanza il valore – poteva essere la mia rivista preferita o una maglietta di Zara -, ma doveva essere qualcosa che piaceva a me. Per farmi felice, per ricompensarmi o forse per compensare i sacrifici fatti senza mai un grazie in cambio. Poi crescendo, è arrivato chi riconosceva i miei sforzi, ma io non ho perso l’abitudine di premiarmi. Mi sono regalata una borsa: “Non ne avevi bisogno”, mi hanno detto. “E tu che ne sai di cosa ha bisogno la mia anima?”, ho risposto. Spesso non si mangiano troppi biscotti, non si comprano troppi vestiti, non si guardano troppi porno perché si ha tanta fame, si han pochi abiti o perché si ama il sesso. Anzi. Impariamo a guardar dentro invece che fermarci al fuori. Io avevo fame di grazie e ho imparato…
Se stai male tu, sto male io
Quando sta male chi ami, tremi. Quando sta male chi ami, sapendo che già sta male, lontano da casa, in un Paese in cui sei straniero, muori. Letteralmente. Ieri non è stata una buona giornata. Teo non è stato per niente bene, così ci siamo dovuti fermare una notte in più in un posto che da paradiso si è presto trasformato in inferno. Perché quando sei in vacanza e va tutto bene, essere tra le montagne a respirare aria pulita ti sembra la cosa più bella, ma quando stai male e hai bisogno di aiuto, essere a 50 minuti di tornanti dall’ospedale più vicino, è la notizia che mai avresti voluto sentire. Ieri in una bettola trovata all’ultimo momento, in una fredda hall, con di fianco un karaoke che proiettava lucine sui muri e in cui vi erano dei giapponesi stonati, ho pianto le lacrime più amare della mia vita. Ho temuto di non farcela: è una vita che mi…
Birthday girl
“Never was a cornflake girl” Tori Amos L’abbraccio di mio padre. Mia sorella che si sveglia alle 7 per andarmi a prendere la mia brioche preferita. Lo sguardo amorevole di mia madre. I pensieri degli amici. L’affetto di chi ti conosce soltanto, ma sembra conoscerti davvero. La distanza di chi dovrebbe conoscerti davvero, e invece. Lui che ti stupisce in mille maniere, ancora dopo tutti questi anni. Una pastasciutta e il mio programma preferito. Sono arrivata a un’età in cui invece di maledire chi se ne va, ringrazio chi resta. Quindi grazie a tutti voi che siete nella mia vita: mi sento amata e non è affatto poco.…
Trincea
Ve la ricordate la guerra di trincea durante la Prima Guerra Mondiale? Sì, quella estenuante serie di battaglie su più fronti, in cui non vinceva solo chi riusciva ad avanzare, ma vinceva anche chi riusciva a non arretrare, a non perdere uomini, a non alzare bandiera bianca. A resistere, insomma. Noi la stiamo vivendo, questa guerra in trincea: una lotta che dura da 11 anni ormai, tra noi e il suo tumore. Milioni di puntini nel suo petto, noi due e migliaia di altre persone che ci vogliono bene da questa parte del fronte. I primi anni erano tutte battaglie vinte, il bastardo batteva la ritirata, a colpi di operazioni e chemio. Oggi lui è ancora lì, nei suoi polmoni. Ma non sta avanzando. E noi non arretriamo di un passo, armati fino ai denti. Non stiamo alzando bandiera bianca. Non stiamo perdendo vita, insomma. C’è ancora speranza di vincere la guerra. E questo nella malattia significa la vittoria più…
Un bacio al sapore di mango e albicocca
Avete mai provato a raccontare un sogno? Non si è mai precisi, si tende a brancolare nei meandri della mente alla ricerca dei dettagli per renderlo più verosimile, un po’ ci si imbarazza perché ci si rende conto che quello che si sta raccontando è folle, senza un apparente senso, ma dentro c’è tutto di noi, il nostro inconscio, i nostri desideri. Bene, ieri sera ho provato a raccontare un sogno, ma non di quelli che si fanno di notte: il sogno della mia vita, che è poi diventato il mio mestiere, che è poi quello che state leggendo, vivendo insieme a me. Scrivere. Per vivere. Ma soprattutto vivere per scrivere. Davanti a una platea non numerosissima, ma comunque folta, in una serata organizzata da una ragazza come me, ex compagna di studi, mi sono trovata, accanto ad altri due ragazzi in gamba e con tanta voglia di fare, a raccontare di come mi sia reinventata dal punto di vista…
Sognando Vanity
E poi succede che in un giorno in cui non hai molto da fare perché il lavoro da precario viene e va, decidi di proporre un blog a Style.it, uno dei siti più importanti in Italia, perché ti piace scrivere a prescindere, che sia per lavoro o meno. E succede che te lo approvino e quindi inizi a pubblicare pensieri a casaccio, così come vengono, così come erano i blog in principio, pagine di riflessioni sparse di un diario digitale. Poi, nel tempo, il lavoro aumenta – oltre ad andare, ogni tanto viene – ma nonostante questo, senti che il blog non va abbandonato, anzi va curato settimana per settimana, proprio come un figlio. Anzi, senti che aprirne un secondo, sempre su Style, è la strada giusta, uno sul pensiero positivo e sull’ottimismo, che non se ne ha mai abbastanza. Dedichi anche all’ultimo nato tutte le tue energie, lo segui, lo vedi crescere, insieme al suo fratellino più anziano. Iniziano…
Grazie!
“Thank you India Thank you terror Thank you disillusionment Thank you frailty Thank you consequence Thank you thank you silence”. Alanis Morissette Ieri era il quarto giovedì di novembre. Voi direte: embè? Era un giorno uguale agli altri: ho fatto la spesa, il bucato, sono andata a prendere la bimba a scuola etc. E invece no: mentre noi vivevamo una giornata di ordinaria follia, in America era il Thanksgiving Day: milioni di famiglie si sono sedute intorno allo stesso tavolo con i propri famigliari e amici e insieme hanno ringraziato Dio per quanto di bello e buono è capitato loro durante l’anno o nella vita in generale. Davanti ad un tacchino ripieno, ci si riconcilia, ci si confronta, si ritorna a scoprire il contatto fisico e umano in un’era di social network, si parla, si ride. Si vive. Ho sempre pensato che a tavola non si può mentire, ognuno si svela per quello che è: c’è quello taciturno che mangia…