Amo guidare. Se posso, guido io. Amo farlo tenendo la sinistra a ore 12 sul volante e la destra sul cambio. Guida sportiva, da maschio, da chi vuole avere il controllo. Dovessi rifare l’esame di guida oggi verrei bocciata. Non è sicura, dicono. Ma fa sentire sicura me. Piede pesante sull’acceleratore. Amo la velocità. Amo sorpassare. Tanti anni fa ero alla guida di una macchina sportiva nera, col poggiolo per il braccio. Mano a ore 12, l’altra sul cambio. Ricordo che un mio amico, seduto al mio fianco, mi disse: “Ti si addice, Franci. Sei nel tuo. Sei così”. Io allora non capivo. Mi sentivo adatta a una Seicento. Mi sentivo una Seicento. Una vita a essere quella scontata, che non ti lascia mai a piedi, quella giusta che fa sempre la cosa giusta… A lungo andare non ti senti preziosa, un lusso. Oggi autostrada deserta. Alla radio i Muse cantano “They will not control us, we will be victorious”.…
Tag Of grazie
Milk and honey
Ti si legge in un’ora. Non saranno nemmeno diecimila parole in tutto. Ma ogni parola è una stilettata al cuore. Sembri conoscere esattamente la tempesta che sto attraversando, come una vecchia mappa che sa sempre condurti in porto. La tua storia è la mia storia, si perde un pezzo di sé, ci si perde negli altri, per poi ritrovarci più forti, se si accetta di rinascere diversi. Perché la rinascita è un viaggio e se rinasci uguale a prima, allora hai sprecato un’occasione. Ho sorriso, ho pianto. Ho pianto. E ho pianto. È incredibile come l’amore e il dolore siano universali e come scaturiscano dalla stessa sorgente. “Mi dici di tacere perché le mie opinioni mi fanno meno bella ma io non sono nata con un fuoco in pancia così da potermi spegnere non sono nata con una leggerezza sulla lingua così da essere facile da inghiottire sono nata pesante mezza lama e mezza seta difficile da scordare e non…
Fame di vita
Ad aprirmi i barattoli e i vasetti da sola. Che devo sempre portarmi il cellulare appresso in casa, perché se mi faccio male potrei rimanere lì senza che nessuno se ne accorga. Che son caduta dal duecentesimo piano, come il Falling Man delle Twin Towers, ma io sono ancora viva. Che se mi schianto dal 50esimo, chi se ne fotte. Che è bello dire no quando non voglio qualcosa. Che la tua assenza non è più mancanza, ma presenza. A ballare quando ne ho voglia e a cantare a squarciagola e a urlare vaffanculo dal balcone quando è giusto per me. Che non pensavo potessero mancarmi così tanto i concerti. E gli abbracci. E i baci. E il sesso. Oh sì, anche il sesso. Che l’amore che mi faccio spesso ha a che fare con il corpo, ma sempre ha a che fare con la mia mente. Che gli orgasmi più belli li ho provati con le parole: lette, ascoltate,…
Diversa, non per questo peggiore
Mi son svegliata stamattina e già avrei dovuto capire che sarebbe stata una giornata felice. Ho aperto gli occhi, ho guardato la sveglia: sono riuscita a dormire fino a tardi, le bimbe erano ancora addormentate. Sono rimasta nel letto, sotto al piumone per un’ora, non mi capitava da secoli. Dio, che bella sensazione. Primo regalo di Natale. Tè, telefonate delle mie amiche più care, auguri. Mi metto a lavare i piatti, il mio momento di ricongiunzione. Credo di essere l’unica a cui piaccia, quei movimenti meccanici, senza senso, mi aiutano a rimettere in ordine i pensieri. Accendo la mia playlist. “Listen to the wind blow, watch the sun rise”, fuori tira vento davvero, la canzone perfetta. Secondo regalo. Me la godo fino in fondo. Il giro di basso mi percuote le viscere. Dio, che bella sensazione. Vedo mia sorella. Scartiamo i regali. È così che a Natale si misura l’amore, no? Io l’ho sempre misurato in persone. Mi manca qualcuno,…
Mancarsi
Ieri Carlotta durante la diretta mi ha chiesto cosa stessi leggendo in questo momento. Eccoti. 89 pagine diluite in quasi due settimane. Di solito 89 pagine le leggo in due ore. Ho dovuto “sentire” dentro di me quando era il momento giusto per aprirti perché anche solo dalla sinossi mi parlavi di cose a me familiari. Prime 10 pagine: ti richiudo e piango, forte, perché nessuno ha mai saputo esprimere a parole la mia condizione di adesso. Non so se riesco a continuare. Ma sento che devo. Nicola è vedovo, come me. Irene è divorziata, se n’è andata da un marito che non ama più, inseguendo un brivido a fior di pelle. Chissà perché non mi stupisce che sia una donna a prendere questa decisione. Frequentano lo stesso bistrot, ma non si incontrano mai. Eppure sono destinati a riconoscersi. Destino o affinità. Lui racconta della me di prima, lei della me di oggi. Ogni riga è un fremito. Un libro…
Ti amo, Milano
Non è stato colpo di fulmine. Ma piano piano mi hai conquistata. Mi hai restituita. Stamattina sapendo che ti avrei rivisto, ero emozionata come la mattina di Natale, come prima di partire per New York. Mi sono fatta bella, bella per te. Ho messo l’intimo sfizioso, il tacco alto, il rossetto giusto. Ti ho trovato un po’ sottotono, dal morale dimesso, ma mi hai comunque fatta emozionare. Ti camminavo incontro e sorridevo. Mi hai fatto stare bene. Mi fai stare bene. In settimana voglio rivederti. Tante e tante volte. Perché di te non ne ho mai abbastanza. Mi hai fatto perdere la testa. Ti amo, Milano.…
Il mio canto libero
Sono fortunata. Perché non lavoro, amo visceralmente il mio mestiere, è tutta la mia vita. Ma ultimamente mi sentivo sfiduciata, svuotata, creativamente spenta. Poi si è riacceso qualcosa. Ho ritrovato lo slancio, la voglia. Soprattutto il mio cuore è tornato a battere per quello che ho sempre saputo fare meglio: raccontare storie. E stamattina sono incappata in delle storie meravigliose: potenzialmente solo delle interviste, poi man mano proseguiva il racconto, sentivo un filo rosso legarmi all’anima dell’altra persona. Siamo finite entrambe in pianto. Ma un pianto bello, grato alla vita, che ti ripaga facendoti incontrare le persone di cui hai bisogno al momento giusto. Poi ho avuto l’onore di ascoltare la storia direttamente dalla bocca di suo figlio di uno dei pubblicitari italiani più famosi e creativi di sempre, che negli anni Settanta diede vita a casa sua a una comune di artisti, in cui soggiornarono anche Mogol e Battisti: lì ebbe i natali “Il mio canto libero”. Le emozioni…
Sta arrivando Natale
Ho sempre amato molto dicembre. Era Natale, era famiglia. Quest’anno ci sono arrivata sui gomiti, sputando sangue. E l’idea di fare tutte quelle cose belle, che significavano felicità, mi faceva venire il vomito. Mi son detta: che cazzo lo fai a fare l’albero, se poi sei sempre sola sul divano, come tutte le altre sere? E che senso ha fiondarsi adesso nei negozi a fare i regali, se finora ti han levato la voglia di vivere? Però poi la vita lo sa cosa c’è in fondo al tuo cuore e decide di farti dei regali immensi perché proprio non può accettare che tu sia triste nel mese più bello dell’anno. E allora, ecco che stamattina mi sono svegliata felice perché finalmente sono uscita per un appuntamento di lavoro. E poi nevicava, dei fiocchi bianchi, giganti. Mi sono fermata nel parco e come quando ero bambina, ho chiuso gli occhi, ho aperto la bocca e ho gustato quei piccoli cristalli di…
Senza vergogna
Nella vita ci vergogniamo di tante cose. Chi di ciò che pensa, chi di ciò che ha fatto, chi delle proprie idee, chi del proprio corpo. C’è stato un momento della mia vita in cui sono appartenuta a quest’ultima categoria. Sono arrivata a pesare quasi 90 kg: mi rifugiavo nel cibo perché vedevo Teo deperire, così mangiavo per due perché inconsciamente pensavo di nutrire anche lui. Ero pesante, affaticata, rallentata. Poi qualcosa è scattato: Teo non migliorava, io intanto morivo. E allora ho deciso di fare qualcosa per me. Ho preso coscienza di essere troppo e ho capito che amarmi significava avere cura di me e del mio tempio. Oggi non sono una silfide, ma riesco a guardarmi allo specchio senza vergognarmi. E riesco anche a mostrarmi senza pensare che possa apparire ributtante. Il nero lo indosso solo quando voglio sentirmi seducente e non più per mascherare. I tubini non mi sembrano più così sbagliati addosso a me. La scollatura…
Ciao, Maria
Stamattina ho pianto dopo tanto tempo. Alla notizia della tua partenza, mi sono abbandonata al dolore. Era tanto che non piangevo. Che non piangevo per il dolore dell’anima, intendo. E non so nemmeno perché ho pianto per te. Non eravamo amiche, eravamo colleghe, ma non di scrivania. Eppure quel giorno di tre anni fa, mi scrivesti per propormi un lavoro. “Perché sei brava e perché ti stimo. Ma come sta Matteo?”. Come stavi tu, che avevi quello che aveva Matteo. No, non il cancro, anche. Ma un’anima bella, manifestata a noi comuni mortali dal vostro sorriso infrangibile, insopprimibile, indomabile. Ci siamo sentite qualche volta poi, come stai? Bene, era la tua risposta. Andava sempre bene a voi eroi. Troppo poche, mi son detta stamattina. Dovevo scriverti di più, per farti sapere che non eri sola. Ma poi mi son trovata sola io, e il dolore era troppo e così, eccomi a non poterti più scrivere davvero. Ho chiesto come sei…