Ho cominciato all’università, quando con i primi lavoretti iniziavo ad avere un po’ di indipendenza economica. A ogni esame andato bene mi regalavo qualcosa, non aveva importanza il valore – poteva essere la mia rivista preferita o una maglietta di Zara -, ma doveva essere qualcosa che piaceva a me. Per farmi felice, per ricompensarmi o forse per compensare i sacrifici fatti senza mai un grazie in cambio.
Poi crescendo, è arrivato chi riconosceva i miei sforzi, ma io non ho perso l’abitudine di premiarmi. Mi sono regalata una borsa: “Non ne avevi bisogno”, mi hanno detto. “E tu che ne sai di cosa ha bisogno la mia anima?”, ho risposto.
Spesso non si mangiano troppi biscotti, non si comprano troppi vestiti, non si guardano troppi porno perché si ha tanta fame, si han pochi abiti o perché si ama il sesso. Anzi.
Impariamo a guardar dentro invece che fermarci al fuori. Io avevo fame di grazie e ho imparato a sfamarmi da sola. Facciamo in modo di essere sempre quella persona che riempie le vite altrui e non le svuota di significato. Le cose – e le persone – non sono quello che sembrano, quasi mai. Pensiamoci.
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