Io credo nei progetti. Fare progetti aiuta a vivere, a proiettarsi nel futuro senza paura di volare, a ritrovare un senso nelle cose per se stessi e per gli altri. Fare progetti aiuta a diventare qualcuno, come individui ma anche come coppia. Da cosa si capisce se due persone stanno bene insieme o vanno d’accordo? Non dal fatto che a letto fanno scintille né dal fatto che non litigano mai, ma se hanno un progetto di vita in comune: condividere un sogno, un ideale, un’attività aiuta a prendersi cura dell’altro come di se stesso e a vederlo come compagno di vita, di un percorso, non solo come accompagnatore. E si capisce subito se due persone sono uscite da una crisi perché ricominciano a guardarsi negli occhi, a prendersi per mano e a sognare ad occhi aperti. Ricominciano a fare progetti. Proprio in questa settimana, Teo ha ripreso in mano il suo progetto di lavoro, a cui sta lavorando con passione…
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Il mio Natale perfetto
Quand’ero piccola per me il Natale arrivava solo se succedevano alcune cose: la prima era ovviamente fare l’alberello e il presepe insieme alla mia famiglia. Si andava nel ripostiglio a prendere gli scatoloni impolverati, li si portava in salotto, si aprivano e si incominciava a dar vita e colore all’abete finto con palline di ogni foggia e colore e le lucine a intermittenza. Una volta finito l’albero, si approntava il ripiano del mobile con del muschio finto per ricreare la Natività e dar vita ad un presepe che somigliasse il più possibile alla Betlemme di due millenni fa, con la capanna, la stella cometa e lo stuolo di pastorelli e contadini, accorsi a vedere Gesù Bambino. Così sembrava già più Natale, ma non era ancora il Natale perfetto, se non si scriveva la letterina a Babbo Natale, che però puntualmente portava poco o niente di quanto richiesto. È vero che io ero solita essere prolissa e chiedere troppe cose, alcune…
Stay angry, stay choosy
Questa settimana abbiamo imparato una parola inglese nuova: choosy, ovvero schizzinoso. Lo schizzinoso è di solito colui a cui non piace nulla, a cui fa schifo tutto, che non si accontenta mai, un po’ pretenzioso e lamentoso. Io da piccola ero schizzinosa all’ennesima potenza. Non mangiavo mai due cose nello stesso piatto, oppure non volevo che mi venisse servito il secondo se il piatto era sporco di sugo o altro. Ricordo che quando mia madre cambiava il pannolone a mia sorella, mi ripromettevo ogni volta che io mai e poi mai da grande lo avrei fatto. Lo stesso pensavo quando vedevo sempre mia madre lavare e cambiare mio nonno allettato. Poi crescendo, la trasformazione è stata lenta e graduale ma significativa: poco a poco, dovendomi prendere cura io della mia sorellina e merito sicuramente anche dell’inevitabile processo di maturazione, ho perso alcune delle mie fastidiose abitudini e ho cambiato idea riguardo a certe situazioni, ragionando che se la vita ti…
Desperate anch’io
Sono distrutta. Anzi, disperata. Doppiamente disperata. Desperate Housewives, una delle mie serie tv preferite, è finita. L’ultima puntata è andata in onda mercoledì scorso e il finale è stato non deludente, di più. Ecco la ragione della mia disperazione al quadrato. Dopo Sex & The City e le quattro amiche superfashion sessopatiche di New York, ora mi abbandona anche il quartetto di casalinghe di Wisteria Lane. E le mie serate non hanno più senso di esistere. Dopo di loro, il diluvio: non mi sono più affezionata a nessuna serie, anche perché non ho più avuto il tempo di stare incollata alla tv la sera (ma questo è un altro discorso). Io sono una superfan accanita dei misteri di Wisteria Lane: ho iniziato a seguire le vicende di questo ‘tranquillo’ sobborgo di non si sa di quale città americana proprio otto anni fa, quando lo trasmettevano su Rai2. Non mi perdevo una puntata e se la perdevo, la registravo (ai tempi…
Mario e la forza della normalità
Ho gli occhi colmi di lacrime. E non so nemmeno perché. Dicono che capiti quando ci si immedesima nella storia di un altro, al punto tale da finire in empatia, anche se non lo si ha mai conosciuto dal vivo. A me è capitato oggi. Sfogliando l’ultimo numero di Vanity Fair, mi sono imbattuta nelle pagine che celebravano la breve esistenza di Piermario Morosini, il giovane centrocampista del Livorno, morto a 26 anni sabato scorso su un campo di calcio. Di lui si sapeva poco prima di questa triste vicenda, ma la morte in diretta lo hanno trasformato in una celebrità: di lui ora si sa tutto, vita, morte e miracoli. Materiale di lavoro per le riviste, pane per i talk show. Tutti ora conosciamo le disgrazie che in poco più di dieci anni lo hanno fatto diventare un uomo: la morte dei genitori, il suicidio del fratello disabile e l’occuparsi della sorella, anch’essa disabile. Troppo il dolore per una…