Io credo nei progetti. Fare progetti aiuta a vivere, a proiettarsi nel futuro senza paura di volare, a ritrovare un senso nelle cose per se stessi e per gli altri. Fare progetti aiuta a diventare qualcuno, come individui ma anche come coppia. Da cosa si capisce se due persone stanno bene insieme o vanno d’accordo? Non dal fatto che a letto fanno scintille né dal fatto che non litigano mai, ma se hanno un progetto di vita in comune: condividere un sogno, un ideale, un’attività aiuta a prendersi cura dell’altro come di se stesso e a vederlo come compagno di vita, di un percorso, non solo come accompagnatore. E si capisce subito se due persone sono uscite da una crisi perché ricominciano a guardarsi negli occhi, a prendersi per mano e a sognare ad occhi aperti. Ricominciano a fare progetti.
Proprio in questa settimana, Teo ha ripreso in mano il suo progetto di lavoro, a cui sta lavorando con passione e dedizione da ormai qualche mese e a cui io dovrei prender parte per aiutarlo a farlo conoscere e a promuoverlo. Quando ne parla, gli luccicano gli occhi, ne è fiero, come un padre del proprio figlio. E quando mi coinvolge, vedo in lui quella stima, quel rispetto che ha di me non solo in quanto fidanzata, ma come professionista, un’attitudine che purtroppo non vedo più da molto tempo nell’ambiente lavorativo. Lui ci crede. E io credo in lui. In noi.
Sempre ieri, stavamo fantasticando sul nostro futuro e mai come prima d’ora, l’ho visto proprio nitido e possibile. Si parlava di noi, della nostra casa, del nostro lavoro e si sognava di un mulino piccolino da ristrutturare, di quelli alla Mulino Bianco, con qualche stanza da affittare per farlo diventare ‘La Casa FavoLosa’, dove chi è nostro ospite si possa sentire come a casa sua e dove organizzare happening letterari, corsi di scrittura e qualsiasi altra cosa la nostra fantasia può far diventare realtà. Parlavamo e vedevo noi e i nostri figli in quest’oasi di pace, innamorati come non mai, perché quello era esattamente il posto dove dovevamo essere, dove volevamo essere. “La malattia è solo un ricordo, ormai. La malattia è passata”, mi son detta, perché se abbiamo di nuovo il coraggio di guardare avanti con forza e determinazione significa che il peggio è passato.
Auguro a tutti, quindi, di avere sempre il coraggio di sognare e di fare progetti: lo auguro a chi si è fatto abbattere da questa crisi, a chi è stato provato dalla malattia, a chi è pessimista, a chi non crede nell’amore. Lo auguro anche alla mia bella Italia: nel momento in cui la vedrò tornare a fare progetti per sé e per i suoi figli, solo allora vorrà dire che sarà fuori da questo acquitrino impantanato in cui sta annaspando da qualche anno ormai.
Perché ogni giorno sia migliore, occorre viverlo, ricominciare a credere in noi stessi e dargli il valore che merita. Occorre prendere per mano l’altro, rassicurarlo e lanciarsi in nuove avventure, senza paracadute. Fare nuovi progetti. Perché un progetto obbliga a mettersi in gioco, a toccarsi, a stare fianco a fianco per giorni, mesi, anni, a guardarsi negli occhi e a parlarsi. E in un’epoca in cui si consuma tutto velocemente, ci si spoglia e ci assaggia nel giro di un’ora, e si comunica attraverso schermi e touch screen di ultima generazione, non mi pare proprio poco.
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