Oggi vi racconto una storia bellissima, la storia di una donna forte, volitiva, profondamente innamorata della sua terra, oggi devastata dalla guerra: è la storia di Tamara, ucraina d’origine ma titolare di una pizzeria d’asporto qui in Italia. Tamara la conosco da un po’ di anni, perché è da un po’ di anni che vado a prendere la pizza da lei – tra le altre cose, una delle più buone del mio paesino. Un giorno d’agosto, guardando Facebook, mi accorgo che posta le foto del suo matrimonio, celebrato in Ucraina, così non perdo l’occasione di proporle un pezzo su come si svolge il rito ortodosso e la cerimonia delle nozze nel suo Paese, lei accetta immediatamente e quindi eccoci qui.
Tamara e Valera sono coetanei, entrambi quarantatreenni, si conoscono da quando ne hanno sei, in prima elementare e rimangono compagni di banco fino alle superiori. Un affetto cresciuto pian piano, un amore coltivato negli anni fino a che lui non deve partire per il militare nella confinante Russia. Tra lei e Valera si mettono di mezzo la Perestrojka, il crollo del muro, la disgregazione dell’Unione Sovietica, l’indipendenza dell’Ucraina, lui che viene proclamato cittadino russo, lei che è cittadina ucraina. Un amore osteggiato dalla Storia. Non si vedono né sentono per 25 anni, finché non si ritrovano su Facebook e fanno la rimpatriata con i compagni di leva. La lontananza, il tempo, gli eventi storici nulla hanno potuto contro il loro amore. Così decidono di sposarsi “perché in fondo niente era cambiato e non ci si poteva più nascondere”. La data è fissata per l’8 agosto, ma ancora una volta la Storia tenta di far saltare tutto: la guerra imperversa tra le strade del suo Paese e suo nipote viene ucciso all’aeroporto di Lugansk durante un attacco militare, proprio una settimana prima. Il dolore è troppo grande, vien voglia di far saltare tutto, ma la convincono a proseguire e a coronare il suo sogno d’amore. E così eccoci qui, durante una chiacchierata a cuore aperto.
Vi siete sposati con rito ortodosso: come funziona? In cosa è diverso dal rito cattolico? “Grosso modo son la stessa cosa, con le letture, il Vangelo, lo scambio degli anelli, le promesse. Ma da noi non ci si può sposare di sabato, cosa che invece qui in Italia va per la maggiore, perché è il giorno dedicato al culto dei morti. Io mi sono sposata di venerdì e di solito la tradizione vuole che i festeggiamenti partano due giorni prima, quando i genitori degli sposi si alzano con la prima rugiada e portando con sé dei semi di papavero, sale e zucchero, vanno nei boschi a raccogliere delle foglie di pervinca, recitando una preghiera per i propri figli e intanto, spargendo sale, per scacciare i mali, e zucchero, affinché la vita della coppia sia sempre piena di dolcezza. Nel pomeriggio, si riuniscono tutti, parenti e amici e con un ago e del filo rosso, ciascuno infila una foglia a creare delle coroncine per i due sposi, che indosseranno il giorno del matrimonio, come segno di buon auspicio. Di solito, poi, la sposa regala allo sposo la camicia e lo sposo le scarpe. La mattina stessa, i genitori degli sposi danno la loro benedizione ai figli, consegnando loro un asciugamano con sopra due kalaĉ, ovvero un pane intrecciato a forma di ciambella, preparati tre giorni prima, e mettono loro in testa la coroncina di foglie di pervinca”.

Poi ci si avvia verso la chiesa e lì… “Gli sposi rimangono in piedi tutta la cerimonia sopra un asciugamano ricamato con i simboli tradizionali, che di solito prepara la mamma dello sposo, come a dire: che possiate cominciare la vostra nuova vita insieme sopra qualcosa di pulito, lindo, morbido. Poi, dopo lo scambio degli anelli, ci si dà la mano destra – quella della fede (ndr, noi la portiamo sulla sinistra) – e il prete ci lega le mani con un altro asciugamano, a simboleggiare l’essere uniti per tutta la vita. Un altro momento particolare della cerimonia è quando il prete mette in testa agli sposi le due corone in oro, per coronare l’unione davanti a Dio. Poi ci dà da bere il vin santo insieme a un biscotto al miele, sempre ad augurare dolcezza nella vita futura. Alla fine della cerimonia, regala delle icone della Madonna e di Gesù, che gli sposi dovranno appendere nella nuova casa”.




E anche da voi si usa avere i testimoni? “Sì, e dev’essere una coppia sposata felicemente in chiesa, proprio per dare il buon esempio ai novelli sposi e per essere d’aiuto anche moralmente nella vita matrimoniale futura”.
Anche da voi si usa fare il ricevimento dopo? “Certo, i genitori accolgono ogni ospite con l’asciugamano con sopra i kalaĉ, si pranza e dopo si fa festa con qualche gioco organizzato dagli amici. Per esempio, uno dei più tradizionali prevede che gli amici dello sposo tentino di coprire la testa della sposa con un foulard sorretto da due bastoni, come a dire: ora è una donna sposata! e le amiche della sposa la difendano. Oppure lo sposo si siede in mezzo alla sala, bendato, e deve riconoscere tra le tante donne che gli si siedono in braccio, qual è sua moglie. Finito questo momento goliardico, la testimone della sposa le toglie il velo, mentre le donne presenti cantano degli antichi canti tradizionali, a sancire ufficialmente il passaggio da nubile a sposata”.
E quand’è il taglio della torta, uno dei momenti più attesi? “Da noi si usa fare il giorno dopo. Infatti, abbiamo due cerimonie: il primo giorno si fa il matrimonio secondo lo stile occidentale, con gli abiti classici – lei con abito bianco e strascico, lui in completo – il giorno dopo si fa la festa secondo gli usi tradizionali ucraini, indossando i vyshyvanka, gli abiti del nostro Paese, ricamati interamente a mano, tant’è che vanno prenotati un anno prima, per il lavoro che richiedono. Durante questa festa, sono gli sposi che accolgono gli ospiti, come fossero padroni di casa, poi regalano ai testimoni di nozze quattro kalaĉ giganti, che taglieranno in tante fette e che daranno a ogni invitato, insieme a una fetta di torta nuziale”.
E ora? “Ora lui è appena tornato in Ucraina, perché ha trovato lavoro là. Siamo ancora separati, purtroppo. Ma forse a breve tornerò anch’io: perché è difficile rimanere lontani, quando ti vuoi bene. E io amo la mia terra. E amo lui”.
Felicitazioni di cuore, Tamara e Valera!
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