Dedicato a te. Manchi.
Franco aveva il sole negli occhi, e anche un velo di tristezza, ma appena accennato, visibile solo a chi non poteva mentire perché lo conosceva troppo bene. Franco amava stare in compagnia e condividere tutto: il cibo, le esperienze, la vita che passava, anche le paure e le delusioni. Amava gli abbracci, perché quando lo faceva non ti lasciava andare più, stringeva e stringeva, come se avesse dovuto essere l’ultimo. E se l’avessi saputo che quello sarebbe stato il nostro ultimo, non ti avrei più lasciato andare. Franco se n’è andato in una gelida notte d’inverno, ormai due anni fa, a bordo della sua auto. Amava guidare, vivere veloce e così se n’è andato. Uno schianto, e poi la notte.
Franco era un mio amico, un amico di famiglia, poi diventato un fratello per me. Entrò nella mia vita, dopo essere entrato in quella di mia sorella, era il suo ragazzo, il suo ‘morosino’ alle superiori, ma per lui sebbene così piccolo, lei non fu mai solo una storiella da liceo. Le voleva bene, col senno di poi, potrei dire che l’amava davvero. Sempre presente, forse troppo per una ragazzina di 14 anni, con progetti troppo grandi per un ragazzo di 17 anni, per un amore così acerbo. Lei si voleva solo divertire, classici tira e molla tra un ragazzo e un altro, tipici di quell’età, lui invece a lei ci teneva davvero. Per lui, lei era l’amore della vita, quello che trovi presto e non lo maledici, perché ti sembra una benedizione poter aver incontrato la compagna con cui condividere tutto, proprio quando sei sul punto di poter perdere tutto. Ma lei a un certo punto lo lasciò, perché lui era troppo tutto e perché voleva altro. E lui rimase sempre lì sull’uscio della sua vita, ad aspettare, ad aspettarla, come un cane aspetta il padrone, come un uomo aspetta il suo amore. Si accontentò di rimanerle accanto anche solo come amico, convinto chissà di cosa, che il tempo avrebbe lenito le ferite, fatto dimenticare il dolore, l’avrebbe riportata da lui.
Ricominciò a vivere, poco a poco, senza di lei, ma non la dimenticò mai completamente. E anche tutte le volte che la rivedeva, c’era sempre un briciolo di speranza nei suoi occhi, una fiamma mai sopita e che sarebbe stata accesa per sempre. Anche quel Natale, l’ultimo che passammo insieme, lui sì parlava con i miei, sì rideva e scherzava con me, ma aveva sempre un’attenzione in più per lei, una lei sempre più distante, un’‘amica’ che voleva estrometterlo dalla sua vita, forse per rispetto all’attuale compagno. E fu il momento dei saluti, forse, quello che segnò la fine, il suo epilogo: dopo un lungo abbraccio, in cui ci dicemmo tutto senza bisogno di parole, trovò un muro in mia sorella, una parete gelida contro cui sbattere. Uno schianto, appunto. Appena tornato a casa, postò sulla sua bacheca di Facebook il video della canzone “Un attimo ancora” dei Gemelli DiVersi: “Dammi solo un minuto, un soffio di fiato, un attimo ancora. Stare insieme è finito, l’abbiamo capito, ma dirselo è dura”. Emblematico, per uno che avrebbe dovuto averla dimenticata già da un pezzo.
Un mese dopo, tutto era finito: il rimpianto di lui, il rancore di lei, sul pavimento solo sogni spezzati e tanto dolore. Di quell’attimo, ho solo un ricordo nitido e pulito: mia sorella che in silenzio mi si avvicina e scoppia in un pianto colpevole e insieme liberatorio. “Non l’ho salutato, non gli ho detto che mi dispiaceva, che gli volevo bene”. Già, non l’ho fatto, non gli ho detto, NON c’è più tempo.
Quante occasioni sprecate per liberarsi di un peso, quante opportunità per essere felici lasciate cadere per orgoglio, vergogna o rancore? Quanta vita ammuffita solo perché non abbiamo avuto il coraggio di viverla, quante parole uccise per paura di rovinare qualcosa che non c’è? Tutto quel silenzio forzato, quelle lacrime mi hanno insegnato che non c’è niente di peggio che non dire a una persona quello che proviamo davvero, e soprattutto non dirglielo subito. Lo amate? Correte da lui e diteglielo! Non potete star senza di lei? Fate le scale a due a due pur di afferrarla in tempo per il braccio e fermarla, prima che quella porta si richiuda. Per sempre. Spesso pensiamo che ci sarà tempo, che avremo un’altra occasione per vedere i nostri figli crescere, per fare l’amore con il nostro compagno, per festeggiare l’anniversario, per dirgli “Ti amo” e così rimandiamo e rimandiamo e ci dimentichiamo di vivere, scegliendo un’esistenza mediocre, che non avremmo mai voluto. E invece, la vita migliore è proprio quella vissuta d’impeto, come se non ci fosse domani, come se non avessimo altri secondi da scandire sull’orologio, così come gli amori migliori sono quelli senza rimorsi né rimpianti. Franco me l’ha insegnato con la sua storia, fatta di purezza, lealtà ed affetto.
Forse, come ha detto Niccolò Fabi in una sua intervista a Vanity Fair qualche settimana fa, “Bisogna solo ricordarsi che ogni volta che l’amore si è nascosto, o l’hai trovato eppure non l’hai detto, non è mai troppo tardi per farlo. Per dire tutte le parole che ti son rimaste in testa, e ripartire senza lasciare indietro niente”. Ecco.
[…] rimpianti appesi alle nostre lacrime? Tutto è partito ricordando un amico che non c’è più (da qui è arrivata l’ispirazione per questo esercizio della felicità) e che avrebbe tanto voluto […]