“Franci, ciao. Senti, il direttore vuole fare un numero tutto incentrato sul coraggio. Ti va se racconto di te e Matteo?”.
Non capita mai che si parli di me, infatti inizialmente avevo capito fosse un’intervista per Teo. E invece stavolta no, sono io. Volevano parlare di me.
E ho acconsentito per due motivi principalmente: il primo è che a chiedermelo è stata una collega della quale ho una stima e ammirazione immensa. Quindici anni fa, quando sognavo di fare questo mestiere, sfogliavo Elle – una delle mie riviste preferite – e quando incappavo in uno dei suoi articoli, mi soffermavo per leggerli tutti, dall’inizio alla fine, auspicando di diventare brava almeno la metà di quanto lo era (ed è) lei.
Il secondo è che si parla tanto dei malati, ma poco di chi sta loro accanto.
E così, eccoci qui, a doppia pagina sul numero di F in edicola questa settimana: c’è la nostra storia, che è una storia di dolore, ma soprattutto di gioia. E di vita. Una storia coraggiosa, dicono.
“Quando han parlato di coraggio in redazione, mi sei subito venuta in mente tu”. “E perché?”, le ho chiesto al telefono. “Per quello che fai e come lo fai”. “Non so se quello che faccio è coraggioso, lo farebbe chiunque al posto mio. Chiunque ami davvero”.
Ecco, fare di tutto una questione d’amore: questo fa di me una donna coraggiosa. Non la malattia, non il dolore. L’amore, nient’altro.

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