Leggera. In acqua sono leggera. Basta non combattere il moto perpetuo delle onde e lasciarsi cullare dal blu. Che bello fare il morto, azzurro sopra e azzurro sotto, e dimenticare il mondo. Fino a che il pensiero che qualcosa di ignoto ti possa sorprendere alle spalle, ti fa agitare e ti costringe a riportare le gambe sotto il pelo dell’acqua e a nuotare.
Pesante. Nella vita sono pesante. A volte caratterialmente con la mia esuberanza e le mie paturnie, di certo fisicamente. Mangio fino allo sfinimento, come se potesse mancarmi il cibo da un momento all’altro. Mangio per golosità, non per fame. Mangio come se dovessi colmare delle mancanze. O delle future assenze che incombono. Mangio perché son sempre dovuta bastare a me stessa, così inconsciamente quando non potrò più badare a me, sarò abbastanza da bastarmi. Mangio perché non riesco a rilassarmi, perché temo il peggio, proprio come quando fai il morto e ti agiti per via dell’ignoto che abita le profondità del mare.
Ma sento che son pronta per fidarmi: di quello che verrà, delle sorprese del destino, di me stessa. Son pronta per rilassarmi e imparare ad amare me stessa. Per diventare leggera, come quando ero bambina, quando già sapevo che basta lasciarsi andare a pelo sull’acqua per sentirsi felici.
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