Racconti per riflettere, sorridere, pensare. Una nuova categoria dedicata a storie con protagonista la coppia, il matrimonio, l’amore. Buona lettura!
«Dio mio non è possibile», pensò Luca mentre ancora girava la chiave nella toppa. L’odore nauseante di frittura era più forte della porta della cucina che Martina teneva sempre chiusa quando stava ai fornelli, dei venti metri quadri del salotto e pure della porta blindata nuova di zecca che il primo giorno di matrimonio gli aveva giocato il brutto scherzo di non aprirsi, lasciandolo lì fuori casa con la sua sposina fra le braccia tremolanti. Per fortuna sua moglie era sempre stata uno scricciolo altrimenti gli si sarebbero spezzate.
«Sei tu?». Appena entrò diede un’occhiata alla porta della cucina, chiusa come si era immaginato. «Sì, Marti». Luca gettò la ventiquattrore sul divano insieme alla giacca e al suo appetito.
«La cena è quasi pronta». “Cena”, pensò. In un mese di matrimonio Martina gli aveva cucinato solo una cosa. «Che si mangia?», domandò a una porta chiusa, sperando che per una volta sua moglie lo sorprendesse. «Bastoncini di pesce!», rispose invece con entusiasmo. Immancabilmente bastoncini di pesce.
«Spero che un giorno o l’altro non frigga anche voi», sussurrò Luca ai minuscoli pesciolini rossi che ignari di tutto nuotavano nell’acquario rettangolare preteso da Martina dietro al divano. A volte Luca si chiedeva cosa ne sarebbe stato di lui e di sua moglie se quei dannati bastoncini di pesce non fossero esistiti. Cosa avrebbero mangiato ogni sera? Pizza surgelata, pasta in busta, cinese a domicilio o che altro?
Che Martina non fosse una cuoca provetta lo sapeva già prima di sposarla, ma che il suo menù fosse ridotto a un’unica, unta e inodorabile portata questo proprio non se lo aspettava.
«Che pensi?». Martina cacciò fuori la testa dalla cucina cercando d’interpretare il suo silenzio, come se avesse capito che stava riflettendo su di lei. «Che pensi?», ripeté inclinando la testa con la tenerezza di un cagnolino in cerca di una parola dolce del suo padrone. I capelli lunghi e ricci le penzolavano giù dal cranio come liane nella giungla. Gli occhi neri, come i capelli, come la pelle, si mostravano e sparivano ripetutamente dietro palpebre così veloci e ipnotiche da meritare una bugia d’incoraggiamento. «Sto pensando che ho fame».
L’infinito sorriso di Martina si aprì sulla sua bocca come un sipario e mostrò uno spettacolo di denti bianchissimi. Fu proprio quel contrasto la prima cosa che lo colpì di lei appena la vide, quattro anni prima, seduta con le amiche al tavolo di un bar di Milano del quale proprio non riusciva a ricordare il nome. Quel sorriso gli fece tornare in mente tutta la scena del suo primo goffo approccio quando… Una ventata di tanfo di bastoncini del Capitano lo raggiunse, facendogli storcere il naso e riportandolo al suo presente: un’amorevole moglie bellissima, una casa di proprietà e una gabbia fatta di sbarre dorate di merluzzo impanato. “Due su tre. Non è poi tanto male”, pensò tra sé e sé.
Martina aveva richiuso la porta della cucina con lei dentro. Luca fissò il legno dello stesso color ebano di sua moglie: «Com’è andata al lavoro oggi?», le chiese. Le porte le aveva scelte lei, come quasi tutto il resto. Luca ricordava ancora perfettamente il giorno in cui erano andati al salone del mobile e lei aveva accostato il campione di legno al proprio viso scherzando sulla tinta come se fosse un vestito da indossare.
Attese ancora un attimo la risposta di sua moglie, ma il rumore della cappa sopra i fornelli aveva attenuato il suono della sua voce tanto da impedirle di sentirlo. Per un istante pensò di ripeterlo più forte, ma il timore che lei spegnesse la cappa permettendo all’odore di fritto di impregnare ogni centimetro della loro casa più di quanto non stesse già facendo lo convinse a desistere.
Si allentò la cravatta, guardandosi intorno. Martina era rincasata poco prima di lui e aveva già riordinato la casa. “Sei fantastica”, pensò. Con più calma si sbottonò il collo e le maniche della camicia, preparandosi un drink sopra l’armadietto dei liquori. Di solito ne beveva meno della metà; per lui prepararsi un cocktail prima di cena era un rito zen, una tecnica di rilassamento più che un’occasione per bere un goccetto.
«E’ pronto», sentì gridare dalla cucina. “Invito o minaccia?”, si domandò, agitando lo shaker.
Luca prese un ultimo, profondo, respiro dell’aria del salotto poi versò il contenuto dello shaker in una coppetta da cocktail. «Sono pronto», s’incoraggiò senza assaggiarne una sola goccia.
Percorse i pochi metri del salotto come un condannato che camminando sul ponte dei sospiri si dirigeva al suo triste destino e con lo stesso capo chino e la medesima espressione in volto afferrò la maniglia della porta, forzando un sorriso la aprì. Sua moglie era lì come tutte le sere coperta da un grembiule rosso e bianco, con la padella antiaderente in mano dalla quale zampillavano microscopiche gocce d’olio che con Luca condividevano il desiderio di fuggire dai bastoncini fritti di pesce coi quali Martina li costringeva a convivere. Martina spalancò di nuovo il suo immenso sorriso africano, adocchiando la tavola. Luca le seguì lo sguardo.
In tavola spiccavano due candele rosse che lei lo invitò ad accendere.
Martina si volto verso il lavabo con la padella in mano. Dietro, il grembiule non la copriva e non c’era nient’altro a farlo. Suo marito era abituato a vederla nuda, ma rimase comunque senza fiato. «Festeggiamo qualcosa?», disse, pur temendo di spezzare l’incantesimo del quale si era convinto di essere piacevolmente vittima.
«Il nostro matrimonio», rispose senza esitazione. «Grazie perché sei stato così paziente», continuò lei, aprendo l’anta sotto il lavello.
Una piccola pattumiera di plastica bianca uscì fuori, alzando automaticamente il coperchio come una bocca affamata.
Martina si chinò verso il cestino, sbattendo in faccia a suo marito due natiche sode e perfettamente simmetriche. I bastoncini di pesce finirono a nutrire quella bocca aperta che si in un attimo si richiuse sembrando apprezzare. Quando Martina si ritirò su il suo contagioso sorriso era di nuovo con lei.
«Sorpresa», ridacchiò estraendo dal forno una teglia di pasticcio di pasta che probabilmente doveva essere una lasagna.
«Ti amo», fece Luca baciandola forte. La nuova schifezza di sua moglie poteva attendere ancora un po’.
Brava! 😀
molto carino e simpatico il “colpo di scena finale”
attendiamo i prossimi 😀
Buon Sabato
Carmen ^_^
@Matteo: Bravo te! <3
@Carmen: Grazie mille, l'autore è il mio moroso! Continua a seguirmi! 😉 Con affetto!
Quand’è che una moglie rientrerà a casa e troverà la cena preparata dal marito?
Cara Tju, a me capita… e spesso! Sarò fortunata io? 😉 Ti abbraccio!